Legittimità del licenziamento collettivo limitato solo ai dipendenti di alcune sedi

La Cassazione  con la sentenza 12040 del 6 maggio 2021 ha  affermato che, nell’ambito di un licenziamento collettivo, è legittimo delimitare la platea dei lavoratori interessati a quelli adibiti alle unità produttive oggetto di ristrutturazione, purché le ragioni tecnico-produttive e organizzative della limitazione siano adeguatamente enunciate nella comunicazione di apertura della procedura e siano coerenti con le motivazioni poste a fondamento della riduzione di personale.

Una lavoratrice impugnava giudizialmente il licenziamento irrogatole nell’ambito di una procedura collettiva, adducendo una violazione sia dei criteri di scelta che dell’art. 4, terzo comma, L. 223/1991.
La Corte d’Appello rigettava la predetta domanda, sul presupposto che la lamentata limitazione della platea degli esuberi a due sole sedi aziendali non costituiva vizio della procedura. Ciò anche in ragione dell’ubicazione ad almeno 500 km di distanza delle unità produttive non interessate che rendeva antieconomico, rispetto alle esigenze riorganizzative della società, un trasferimento collettivo in luogo del recesso.

La Cassazione – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello –  ha rilevato che l’individuazione dei lavoratori da licenziare in una procedura collettiva deve avvenire in primis in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti dai contratti collettivi o all’esito di accordi sindacali.

Per la sentenza, ne consegue che è legittima la delimitazione della platea dei dipendenti interessati a quelli adibiti ad una unità produttiva, qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo a quella determinata sede.

Secondo i Giudici, dunque, la predetta limitazione risulta legittima ogniqualvolta la ricorrenza delle effettive ragioni tecnico-produttive e organizzative sia stata giustificata – anche con riferimento alla fungibilità o meno delle mansioni svolte dai lavoratori delle sedi coinvolte – e regolarmente comunicata alle OO.SS.

Rinvenendo queste ultime circostanze nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso della lavoratrice e conferma la legittimità del recesso irrogatole.