La transazione stipulata dall’azienda con il lavoratore ancora in servizio non copre il danno pensionistico
La Corte di Cassazione con l’ordinanza15947 del 8 giugno 2021 ha affermato che la transazione stipulata dal lavoratore con l’impresa non copre il danno pensionistico se il dipendente non ha ancora maturato i requisiti per accedere al trattamento previdenziale.
Il lavoratore ricorreva giudizialmente al fine ottenere il risarcimento del danno pensionistico da omissione contributiva quantificato in € 950.693.74.
La Corte d’Appello respingeva la predetta domanda, sul presupposto che tale pretesa era stata oggetto di una conciliazione già intervenuta fra le parti, mediante la quale il ricorrente aveva rinunziato ad ogni pretesa per qualsivoglia ragione o titolo derivante dal rapporto di lavoro, verso il corrispettivo di circa novecentocinquanta milioni di lire.
La Cassazione – nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello – rileva, preliminarmente, che l’attualità del danno pensionistico si realizza esclusivamente al perfezionarsi della età pensionabile.
Per la sentenza, infatti, detta condizione non può ritenersi esclusa solo perché al lavoratore sia consentito – per scongiurare il potenziale danno – di richiedere misure cautelative conservative della garanzia patrimoniale del datore o di domandare una pronunzia di condanna generica al risarcimento.
Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che – prima della maturazione dei requisiti per l’accesso ai trattamenti previdenziali – il lavoratore non può disporre in via transattiva della posizione giuridica soggettiva inerente al risarcimento del danno pensionistico, rientrando quest’ultimo nell’ambito dei diritti non ancora entrati nel patrimonio del creditore.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore, riconoscendo la debenza del risarcimento richiesto.