Recupero prestazioni non dovute: richiesta INPS al datore

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 19316 del 7 luglio 2021 ha chiarito che è  il datore di lavoro il soggetto legittimato passivo rispetto alla richiesta dell’INPS di restituzione delle somme anticipate ai propri dipendenti a titolo di prestazioni previdenziali temporanee di cui successivamente sia stata accertata la non debenza, ancorché per motivi non valutabili dal datore medesimo.

La prova del diritto al beneficio degli sgravi, in tale contesto, grava sul datore di lavoro.

Nella vicenda al vaglio della Corte un datore di lavoro proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato intimato il pagamento di contributi omessi per effetto di conguagli non spettanti a titolo di indennità di malattia, assegni familiari e sgravi, tutti accertati a seguito di verbale ispettivo.

Nella decisione, gli Ermellini hanno in primo luogo sottolineato come il presupposto affinché l’ente previdenziale debba rivolgersi al lavoratore per recuperare le somme indebitamente anticipategli dal datore a titolo di indennità di malattia o di maternità, successivamente risultate non dovute e già oggetto di conguaglio, è che il datore stesso abbia comunicato all’INPS di non poter provvedere al recupero.

Di riflesso, dunque, salvo il caso in cui siffatta comunicazione abbia tempestivamente avuto luogo, legittimato passivo dell’azione di recupero delle menzionate indennità è il datore di lavoro.

Quest’ultimo ben potrà successivamente rivalersi nei confronti del lavoratore sulle somme dovute a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro.

L’ente previdenziale che agisca per conseguire la differenza tra la contribuzione dovuta in misura piena e quella versata dal datore di lavoro che ritenga di aver diritto al beneficio degli sgravi, non esercita alcuna pretesa “restitutoria e sanzionatoria”, ma la normale azione per l’adempimento della contribuzione dovuta, a fronte della quale è onere del datore di lavoro provare i presupposti del fatto modificativo, in ipotesi costituito dallo sgravio contributivo: la prova del diritto grava, dunque, sul datore di lavoro.

Prova che, nella specie, non era stata raggiunta, anche in considerazione dell’inammissibilità della documentazione prodotta in appello dalla parte datoriale, in quanto tardiva.