Il datore che rinuncia al preavviso non deve pagare l’indennità sostitutiva
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 27934 del 13 ottobre2021 ha affermato che, nell’ipotesi in cui il datore rinunci al periodo di preavviso che deve osservare il lavoratore dimissionario, non è tenuto a riconoscere la relativa indennità al dipendente, posto che in favore della parte recedente non è configurabile nessun interesse giuridicamente qualificato.
La società proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, notificatogli da un ex dipendente dimessosi, per il pagamento della somma di € 54.470,91 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.
La Corte d’Appello respingeva la predetta domanda, sul presupposto che la rinuncia al periodo di preavviso da parte della società, non esonera la stessa dal pagamento della relativa indennità sostitutiva.
La Cassazione – nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello – rileva preliminarmente che, in caso di dimissioni del dipendente, il preavviso ha la finalità di assicurare al datore il tempo necessario ad operare la sostituzione del lavoratore recedente.
Per la sentenza, il preavviso ha efficacia obbligatoria: la parte recedente è, infatti, libera di optare tra la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la corresponsione a controparte di una indennità sostitutiva (con immediato effetto risolutivo).
In base a tale costruzione in capo alla parte non recedente si configura, quindi, un diritto di credito dalla stessa liberamente rinunziabile.
Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che la parte non recedente che abbia rinunciato al preavviso, nulla deve alla controparte, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino al termine del preavviso stesso.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie l’opposizione proposta dalla società, dichiarando la non debenza della somma ingiunta dal lavoratore.