La dichiarazione incompleta non è omessa: condanna da annullare

La Corte di Cassazione con la sentenza 5141 del 14 febbraio 2022 ha statuito che la presentazione, nei termini previsti dalle leggi tributarie e nel rispetto delle soglie individuate, di una dichiarazione incompleta – segnatamente, per la mancata compilazione di un apposito quadro – non integra il reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5, decreto legislativo 74/2000.

 Un imputato proponeva ricorso  contro la condanna per omessa presentazione della dichiarazione annuale relativa alle imposte dirette ed Iva, impartitagli dai giudici di merito; il ricorrente aveva dedotto la nullità della sentenza impugnata per difetto di correlazione tra accusa e decisione, in relazione agli artt. 521, 522 e 604 del Codice di procedura penale.

I giudici di appello – aveva lamentato l’imputato – avevano erroneamente assimilato, in contrasto con il dettato normativo, l’attività di invio meramente incompleta della dichiarazione, alla fattispecie di reato omissivo contestata, rientrante invece nell’ambito applicativo dell’art. 5 del medesimo decreto, così realizzandosi una trasformazione dell’originaria accusa ed un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione, con conseguente violazione dei diritti della difesa

La Suprema corte ha giudicato fondato tale rilievo, ricordando che il reato di omessa dichiarazione contempla, nel comma primo, la condotta di “chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte…”. La medesima condotta omissiva è poi contemplata, con riguardo alla dichiarazione, questa volta, di sostituto d’imposta, dal comma primo bis.

Di tutta evidenza – per la Corte – il fatto che il reato in esame può dirsi integrato allorquando, nei termini previsti dalle leggi tributarie, e nel rispetto delle soglie individuate dall’art. 5, il contribuente non trasmetta agli uffici competenti le predette dichiarazioni.