RITA: regime fiscale

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 9/E del 16 febbraio 2022, ha esaminato il trattamento fiscale della rendita integrativa temporanea anticipata fornendo chiarimenti in merito ad alcune questioni interpretative.

Cos’è la RITA

La “Rendita integrativa temporanea anticipata” (RITA), è stata introdotta in via sperimentale, per il periodo 1° maggio 2017 – 31 dicembre 2018 dalla legge di Bilancio 2018, ed è regolata dall’art. 11, commi da 4 a 4-quinquies, D.Lgs. n. 252/2005.

Tale istituto, come precisato dalla Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) nella circolare 8 febbraio 2018, n. 888, risponde alla precipua funzione di sostenere il reddito dei soggetti rimasti senza lavoro, nel periodo che manca al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.

Relativamente ai requisiti, di carattere soggettivo e oggettivo, previsti per l’accesso alla RITA, si prevede testualmente che ai lavoratori che cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi, e che abbiano maturato alla data di presentazione della domanda di accesso alla rendita integrativa un requisito contributivo complessivo di almeno venti anni nei regimi obbligatori di appartenenza, le prestazioni delle forme pensionistiche complementari, con esclusione di quelle in regime di prestazione definita, possono essere erogate, in tutto o in parte, su richiesta dell’aderente, in forma di rendita temporanea, denominata “Rendita integrativa temporanea anticipata” (RITA), decorrente dal momento dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia e consistente nell’erogazione frazionata di un capitale, per il periodo considerato, pari al montante accumulato richiesto.

Ai fini della richiesta in rendita e in capitale del montante residuo non rileva la parte di prestazione richiesta a titolo di rendita integrativa temporanea anticipata.

La rendita anticipata è riconosciuta altresì ai lavoratori che risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a ventiquattro mesi e che maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi.

Come precisato dalla COVIP nella circolare n. 888 del 2018, è possibile richiedere l’erogazione della RITA alle forme pensionistiche complementari che operano in regime di contribuzione definita da parte dei lavoratori in possesso dei seguenti requisiti, alla data di presentazione dell’istanza:

– cessazione dell’attività lavorativa;

– raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi alla cessazione dell’attività lavorativa;

– maturazione di un requisito contributivo complessivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza;

– maturazione di cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari,

oppure, in alternativa:

– cessazione dell’attività lavorativa;

– inoccupazione, successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo di tempo superiore a ventiquattro mesi;

– raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza nei dieci anni successivi al compimento del secondo termine;

– maturazione di cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari .

Le caratteristiche della RITA

La RITA è definita come una prestazione che consiste nella “erogazione frazionata di un capitale”. Si tratta, quindi, di una prestazione in forma di capitale, corrispondente al montante accumulato richiesto dall’interessato, la cui erogazione, dal momento dell’accettazione della richiesta fino alla maturazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio, avviene in forma rateale in considerazione della funzione che la prestazione in questione assolve.

A tale proposito, la COVIP, nella circolare n. 888 del 2018, ha precisato che, per quanto la individuazione della cadenza del frazionamento sia rimessa a ciascuna forma pensionistica complementare anche in relazione alle diverse esigenze degli iscritti, l’erogazione della RITA deve avere una periodicità non superiore a 3 mesi.

Inoltre, nella medesima circolare n. 888 è stato affermato che, nell’ottica di favorire la gestione attiva della posizione individuale maturata anche in corso di erogazione della RITA, la porzione di montante di cui si chiede l’erogazione frazionata continua a essere mantenuta in gestione così da poter beneficiare anche dei relativi rendimenti.

La RITA è revocabile in base alle modalità stabilite da ogni forma pensionistica.

Relativamente alla possibilità di effettuare versamenti contributivi nel corso di erogazione della RITA, la COVIP – nella recente circolare 17 settembre 2020, n. 4209 – ha precisato che gli stessi devono ritenersi consentiti sia in caso di RITA parziale, incrementando in detta ipotesi il montante non utilizzato per l’erogazione della RITA, sia in caso di RITA totale, costituendo in tale ipotesi un montante a se stante nell’ambito del comparto opzionato per l’erogazione di tale prestazione, salva diversa volontà da parte dell’iscritto.

 trattamento fiscale

Con particolare riferimento al regime fiscale delle prestazioni in esame, si precisa preliminarmente che le somme erogate a titolo di RITA, al pari delle altre prestazioni di previdenza complementare, costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Per la determinazione di tali redditi, l’art,. 52, comma 1, lettera d), TUIR prevede che alle prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis del comma 1 dell’articolo 50, comunque erogate, si applicano le disposizioni dell’art. 11 e quelle di cui all’art. 23, comma 6, D.Lgs. n. 252/2005. In base a quanto previsto dai commi 4-ter e 4-quater dell’art. 11, D.Lgs. n. 252/2005, le somme erogate a titolo di RITA sono, quindi, soggette alla medesima aliquota di tassazione prevista dal comma 6 dell’art. 11 per le prestazioni definitive – aliquota del 15% degradabile fino al 9% in ragione della anzianità di partecipazione al fondo – senza alcuna distinzione, per gli iscritti soggetti al regime transitorio previsto dall’art. 23, comma 5, D.Lgs. n. 252/2005, fra le differenti modalità di tassazione della prestazione previste in relazione al diverso periodo di maturazione dei rispettivi montanti.

Tuttavia, ai fini della determinazione del relativo imponibile, la norma prevede che le somme erogate a titolo di RITA siano prioritariamente imputate agli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e poi a quelli maturati dal 1° gennaio 2007.

In considerazione della qualificazione della RITA in termini di “prestazione in capitale”, di tale circostanza si terrà conto ai fini della determinazione degli imponibili fiscali da assoggettare a tassazione. In sostanza, posto che il trattamento fiscale delle prestazioni è condizionato, oltre che dal periodo di maturazione dei relativi montanti, dalla natura, in capitale o in rendita, delle prestazioni medesime, nel caso della RITA deve farsi riferimento, ai fini della determinazione degli imponibili, alla disciplina fiscale propria delle prestazioni in forma di capitale.

Il percettore della RITA ha la facoltà di non avvalersi della tassazione sostitutiva, manifestando la scelta nella dichiarazione dei redditi, attraverso l’inserimento dell’apposito codice nella casella relativa ai “casi particolari” prevista nel quadro relativo ai redditi di lavoro dipendente e assimilati. In tal caso, la RITA è assoggettata a tassazione ordinaria.

L’esercizio dell’opzione per la tassazione ordinaria della RITA comporta come conseguenza che per tale reddito spettano le detrazioni di cui all’art. 13, comma 1, TUIR.