Periodo di prova e nuovo requisito NASpI: penalizzata la mobilità lavorativa
Come noto, dal 1° gennaio 2025, il lavoratore licenziato che intende richiedere la NASPI, e che nei 12 mesi precedenti all’evento di disoccupazione involontaria ha interrotto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per dimissioni volontarie o a seguito di risoluzione consensuale, deve poter far valere almeno 13 settimane di contribuzione dall’ultimo evento di cessazione per dimissioni volontarie o risoluzione.
Se fino al 31 dicembre per richiedere l’indennità di disoccupazione NASpI erano richiesti:
• Stato di disoccupazione involontaria – Perdita involontaria del lavoro per cause non imputabili al lavora;
• Requisito contributivo – 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Ora, a seguito della stretta operata dalla Legge di bilancio, per valutare i presupposti per il riconoscimento dell’indennità è necessario verificare se, nei 12 mesi antecedenti la cessazione per cui è richiesta l’ indennità, ci sia stata una rescissione del contratto di lavoro , anche presso altro datore di lavoro, per dimissioni volontarie o a seguito di risoluzione consensuale (ad eccezione di dimissioni per giusta causa; dimissioni durante il periodo di maternità/paternità tutelatoe risoluzione consensuale intervenute nell’ambito della procedure di cui all’art. 7 della L. n. 604/1996 e art. 3, comma 2,del D.Lgs. n. 22/2015 ). In tal caso il requisito contributivo delle 13 settimane andrà fatto valere tra i due eventi interruttivi e non più nei quattro anni antecedenti alla cessazione (circ 3 del 15 gennaio 2025 ).
La norma così strutturata determina una grossa penalizzazione per i lavoratori che si dimettono ed iniziano un nuovo rapporto di lavoro oltre a costituire un forte disincentivo per la mobilità lavorativa.
Qualora, infatti, il periodo di prova risultasse di durata inferiore alle 13 settimane o , in alternativa, il datore di lavoro optasse per la cessazione arbitraria del rapporto di lavoro prima del termine, il lavoratore non potrebbe beneficiare della NASPI pur essendo la perdita del lavoro legata a ragioni a lui estranee.
Siamo di fronte ad un’evidente disparità di trattamento tanto più se si considera che la restrizione non opera per i lavoratori licenziati per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, ovvero a chi ha commesso comportamenti gravi.