Licenziamento per spaccio: quando è legittimo secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione con la sentenza 10612/2025 ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare intimato a un lavoratore coinvolto in un procedimento penale per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Sebbene non fosse intervenuta una condanna penale definitiva al momento del recesso, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la condotta fosse oggettivamente grave e socialmente allarmante, tanto da minare in modo irreversibile il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore.
La Suprema Corte ha valorizzato, in particolare, la gravità intrinseca della condotta, la molteplicità degli episodi, la stabile appartenenza del lavoratore a un contesto criminale organizzato e l’allarme sociale suscitato dai fatti.
È stato altresì ritenuto legittimo l’utilizzo, da parte del datore di lavoro, di elementi tratti dagli atti del procedimento penale, anche in assenza di una prova definitiva, ai fini della valutazione disciplinare.
La decisione è stata resa conforme al principio per cui non è necessario attendere una condanna penale irrevocabile, quando i fatti contestati, seppure extralavorativi, siano di tale gravità da rendere non proseguibile il rapporto di lavoro.