Licenziamento ritorsivo e soppressione del posto di lavoro
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13781 del 20 maggio 2021 ha statuito che il licenziamento di una lavoratrice che aveva rifiutato la modifica del contratto con retribuzione ridotta è illegittimo in quanto ritorsivo.
Una dipendente di una società di assicurazioni aveva rifiutato la proposta di modifica del proprio contratto con retribuzione ridotta, proposta che rientrava in un progetto di ristrutturazione organizzativa. L’azienda ha quindi licenziato la lavoratrice adducendo come giustificato motivo oggettivo la esternalizzazione delle sue mansioni ad una ditta terza. Va ricordato infatti che ai sensi dell’art. 3 della L. 604/1966, il licenziamento per giustificato motivo-oggettivo può essere determinato o dall’insorgenza di specifiche esigenze aziendali che impongono la soppressione del posto di lavoro (c.d. esigenze obiettive di impresa) oppure da comportamenti o situazioni facenti capo al prestatore di lavoro, purché non costituiscano una forma di inadempimento.
Nel procedimento di primo grado invece è stato verificato che le mansioni espletate dalla lavoratrice fino dal giorno successivo al recesso erano state invece affidate ad un altra dipendente amministrativa della società, e ciò ha portato al giudizio di licenziamento illegittimo in quanto ritorsivo contro la presa di posizione della lavoratrice.
Anche la Corte di Appello ha confermato lo stesso giudizio rigettando come insussistente comunque il giustificato motivo oggettivo ovvero la soppressione del posto di lavoro.
Nel ricorso in Cassazione la corte ha confermato la sentenza di appello rigettando anche la richiesta , da parte della società, di addossare l’onere della prova sul carattere ritorsivo della sentenza alla lavoratrice.
Va ricordato invece che è onere del datore di lavoro provare l’esternalizzazione delle mansioni del dipendente che viene licenziato (v. Cassazione 8359/2018 ) . La Corte in conclusione ha rigettato il ricorso della società.