Demansionamento e dequalificazione professionale del lavoratore: per il danno occorre la prova

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 18 maggio 2021 n. 13536, ha affermato che in tema di demansionamento e di dequalificazione professionale, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale non può prescindere da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio lamentato, atteso che non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale.

Grava, quindi, sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza del danno lamentato, la natura e le caratteristiche del pregiudizio subito, nonché il relativo nesso causale con l’inadempimento del datore di lavoro.

Nella vicenda al vaglio della Corte il Tribunale  accoglieva il ricorso di un dipendente nei confronti della società di telecomunicazioni per cui lavorava riconoscendo l’inquadramento  superiore al dipendente.La corte di Appello riteneva che l’esistenza del danno non era stata provata.
Gli Ermellini rigettando il ricorso hanno chiarito che il riconoscimento del diritto al demansionamento non ricorre automaticamente ma occorre la prova dell’entità del danno con la descrizione delle lesioni patrimoniali e non subite dai comportamenti datoriali.