Classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali: nuovo orientamento giurisprudenziale
L’INPS con la circolare n. 113 del 28 luglio 2021 recepisce la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha affermato che “non si ritiene esistente un contrasto attuale che imponga di rimettere la questione alle Sezioni Unite”, richiamando i seguenti principi:
– l’articolo 3, comma 8, della legge n. 335/1995 stabilisce che i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento o della richiesta dell’interessato;
– la retroattività degli effetti della variazione si determina ogni volta che vi sia stato nel momento iniziale dell’attività un comportamento del datore positivo e volontario tale da determinare un inquadramento errato, qual è l’inoltro di dichiarazioni inesatte;
– la condotta omissiva intervenuta nel corso dell’attività del datore di lavoro trova una specifica sanzione nell’articolo 2, primo comma, del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1978, n. 467, che prevede l’obbligo dell’impresa di comunicare agli enti previdenziali le variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta, il cui inadempimento non comporta alcuna conseguenza sotto il profilo della decorrenza della variazione di inquadramento.
Nuove indicazioni amministrative
La variazione di classificazione dei datori di lavoro, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente all’effettiva attività svolta, può avvenire con effetto retroattivo soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese al momento dell’iniziale inquadramento.
Pertanto, ai fini della variazione di classificazione dei datori di lavoro, i provvedimenti dell’Istituto successivi alla data del 24 maggio 2019, in ragione del consolidarsi del nuovo orientamento giurisprudenziale, dovranno basarsi sul presupposto che l’omessa comunicazione del datore di lavoro circa i mutamenti dell’attività svolta non potrà essere più equiparata all’inesatta dichiarazione (per cui non potrà più rilevare ai fini dell’adozione di un provvedimento di variazione di classificazione con efficacia retroattiva).
La retroattività degli effetti della variazione di classificazione, di cui al comma 8 dell’articolo 3 della legge n. 335/1995, verrà ad esistenza soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese, come sopra riportato, esclusivamente in fase di iniziale inquadramento.