Occultamento di contabilità, sì a controlli incrociati sui clienti
La Corte di Cassazione con la sentenza 21062 del 28 maggio 2021 ha statuito che con riferimento al reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalle condotte contestate non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante.
Deve, ossia, sussistere un elevato grado di difficoltà di ricostruire il reale volume degli affari o dei redditi, avuto riguardo esclusivamente alla situazione interna dell’azienda, ovvero la necessità di procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione che manca.
Tale fattispecie non è configurabile solo quando il risultato economico delle operazioni prive della documentazione obbligatoria possa essere ugualmente accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore, mancando, in tal caso, la necessaria offensività della condotta.
Nel caso esaminato, dalla decisione impugnata risultava che il reddito era stato ricostruito attraverso controlli incrociati sui clienti dell’azienda per le prestazioni eseguite e non in base alla documentazione prodotta dall’imputato.
A ben vedere, solo in sede di giudizio abbreviato era stata allegata, da quest’ultimo, documentazione relativa ai costi, ma non le fatture emesse.
Ciò premesso, i giudici di secondo grado avevano fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di reati tributari, poiché la fattura deve essere emessa in duplice copia il rinvenimento di uno di essi presso il terzo destinatario dell’atto può far desumere che il mancato rinvenimento dell’altra copia presso l’emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.