Rientro in Italia distaccato all’estero – regime speciale per lavoratori impatriati
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 683 del 7 ottobre 2021, ha fornito alcuni chiarimenti in merito al regime speciale per coloro i quali rientrano in Italia per la naturale scadenza di un distacco all’estero e riprendono la posizione lavorativa precedente l’espatrio.
Per fruire del trattamento di cui all’articolo 16 del decreto internazionalizzazione, come modificato dal decreto crescita, è necessario, ai sensi del comma 1, che il lavoratore:
- trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;
- non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
- svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio
In base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto immutato rispetto alla versione dell’articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che: sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi .
Per accedere al regime speciale, il citato articolo 16 presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
Con riferimento, in particolare, ai contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero, la recente circolare 33/E (par. 7.1) precisa, tra l’altro, che non spetta il beneficio fiscale in esame nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. Al riguardo, si precisa che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.
Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.
Nel caso di specie, pertanto, non si ravvisa il requisito della “discontinuità lavorativa“, in assenza del quale l’accesso al regime fiscale agevolativo in commento deve considerarsi precluso.
Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.