Diffida accertativa, importi esposti al lordo delle ritenute

L’Ispettorato nazionale del lavoro con la  nota 2002 del 22 dicembre 2021, risponde a richieste di chiarimento sulle modalità di esposizione degli importi oggetto di diffida accertativa. In particolare, afferma che i crediti retributivi del lavoratore, oggetto di “diffida accertativa”, vanno esposti al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali. Inoltre, se ci sono somme già corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di retribuzione, queste vanno detratte dall’importo lordo.

La diffida accertativa è  lo strumento con cui l’ispettore può velocizzare la soddisfazione di crediti di lavoro ai lavoratori, quando nel corso di un’ispezione emergono inosservanze da cui derivano crediti a favore dei lavoratori. Con la diffida l’ispettore intima al datore di lavoro di erogare il dovuto entro un termine, decorso il quale la diffida acquisisce valore di “titolo esecutivo”.

Sul punto, l’INL afferma che le somme vanno esposte al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali. In altre parole, va fatto riferimento agli importi retributivi indicati nel contratto collettivo applicato dal datore di lavoro, eventualmente applicando tutte le maggiorazioni spettanti per particolari tipi di prestazioni.

Tale soluzione operativa, aggiunge l’INL, va seguita anche nel caso in cui la diffida sia adottata sulla base della busta paga dove, è noto, sono indicati tanto gli importi lordi quanto quelli netti. In tal caso va preso in considerazione l’importo mensile lordo previdenziale ovvero quello fiscale per i casi di somme escluse dalla base imponibile previdenziale.

E se il datore di lavoro avesse già erogato al lavoratore una parte della retribuzione? Come ci si comporta? In tal caso, tale parte va detratta dall’importo lordo totale previsto contrattualmente, così ottenendo il credito lordo oggetto della diffida.

In tal caso, precisa l’Inl, non deve essere fatta alcuna operazione di “lordizzazione” dell’importo, poiché lo stesso va considerato già al lordo. Allo stesso modo si deve procedere nell’ipotesi in cui il datore di lavoro ha corrisposto “compensi” in ragione di una differente qualificazione del rapporto, che risultano incapienti rispetto alla retribuzione prevista dal CCNL.