Indebita compensazione: differenza tra credito inesistente e non spettante
La Corte di Cassazione con la sentenza 7615 del 3 marzo 2022 ha statuito che l’esistenza di un credito è considerazione basilare per escludere, sotto il profilo oggettivo, l’identità del fatto posto alla base delle due diverse ipotesi di reato di indebita compensazione.
La vicenda specificamente esaminata traeva origine da un’articolata operazione di contrasto alla criminalità organizzata, nell’ambito della quale erano state disposte plurime misure cautelari per i delitti di associazione per delinquere, indebite compensazioni, riciclaggio ed autoriciclaggio.
Il giudice di prime cure, in tale contesto, aveva ritenuto il soggetto indagato responsabile di aver utilizzato un inesistente credito per ricerca e sviluppo di una società “di comodo” al fine di estinguere, mediante compensazione, le somme dovute da una Srl per il corrispondente importo .
Con istanza di riesame, la difesa dell’indagato aveva rilevato l’illegittimità dell’imposto vincolo cautelare reale, deducendo che, in relazione al medesimo reato, il GIP aveva già disposto un decreto di sequestro preventivo nei confronti della società.
Gli Ermellini hanno chiarito che l’inesistenza del credito costituisce di per sé, salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l’Erario con una posta creditoria artificiosamente creata.
Nel caso in cui, invece, vengano dedotti dei crediti non spettanti occorre provare la consapevolezza da parte del contribuente che tali crediti non siano utilizzabili in sede compensativa.