Legittimi gli accertamenti bancari sui conti del dipendente

La Corte di Cassazione con ordinanza 10187 del 30 marzo 2022 ha precisato che la presunzione legale di disponibilità di maggiore reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari, opera anche nei confronti dei lavoratori dipendenti.

L’Agenzia delle Entrate aveva impugnato la decisione assunta dalla CTR in riferimento ad un avviso di accertamento emesso a carico di un contribuente.

Con tale atto, l’Amministrazione finanziaria aveva contestato dei maggiori redditi ai fini IRPEF emersi a seguito di verifica delle movimentazioni dei conti correnti intestati al medesimo contribuente.

La Commissione tributaria aveva accolto l’opposizione all’avviso di quest’ultimo, ritenendo che, nei confronti dei lavoratori subordinati, non operasse la presunzione legale di cui all’art. 32 del dpr 600/1973

Alla luce della presunzione legale in oggetto – si rammenta – gli importi riscossi nell’ambito di rapporti bancari, in mancanza di annotazioni nelle scritture contabili, sono considerati compensi posti a base delle rettifiche operate ai sensi degli artt. 38-41 dello stesso decreto, ove il contribuente non dimostri che ne ha tenuto conto nella dichiarazione dei redditi ovvero che tali somme rimangano escluse dalla formazione dell’imponibile.

L’Ufficio finanziario si era rivolto alla Corte di legittimità, davanti alla quale aveva lamentato violazione e falsa applicazione del menzionato art. 32 e dell’art. 2697 c.c.

Doglianza giudicata fondata dalla Corte di cassazione, la quale, sul punto, ha richiamato il consolidato orientamento secondo cui la limitazione dell’ambito di applicazione della disciplina relativa agli accertamneti bancari “ai soli soggetti esercitanti attività di impresa commerciale, agricola, artistica o professionale” è priva di qualsivoglia riscontro normativo.

Difatti, la presunzione legale ex art. 32 non è riferibile ai soli titolari di reddito d’impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti.

La decisione della CTR non si era attenuta ai richiamati principi ed è stata, pertanto, cassata, con rinvio per una rivalutazione della vicenda processuale.