Uso non corretto dei permessi 104

La Corte di Cassazione con sentenza 13065 del 26 aprile 2022 ha giudicato illegittimo il   licenziamento di un dipendente che non aveva usufruito correttamente dei permessi 104 ritenendo applicabile la sanzione conservativa.

La Corte d’appello aveva dichiarato l’illegittimità del recesso per giusta causa intimato ad una propria dipendente da una Spa, condannando quest’ultima alle conseguenze sanzionatorie previste dall’art. 18, comma 4, Statuto dei lavoratori, ossia al reintegro della lavoratrice.

Alla dipendente era stato addebitato di trovarsi in villeggiatura durante un giorno di permesso ex lege n. 104, concesso per assistere la madre disabile, che invece si trovava in altro luogo, in questo modo violando “i principi di correttezza e buona fede nonché gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà” e cagionando, con l’assenza dal servizio, disagi e disservizi nell’organizzazione del lavoro.

In sede di giustificazioni, la dipendente non aveva negato l’effettività del fatto specificamente contestato, scusandosi dell’errore commesso di cui aveva anche riconosciuto la gravità, deducendo tuttavia, quali motivi a sua discolpa, un’improvvisa indisponibilità espressa dalla madre soltanto nella tarda serata del giorno precedente e, quanto al mancato tempestivo rientro, le proprie condizioni di salute, anche in relazione alla guida di notte per lunghi tragitti ed al traffico che avrebbe trovato.

La donna aveva anche addotto di non aver pensato di avvertire l’azienda del fatto che quel giorno non avrebbe potuto materialmente assistere la madre e, comunque, di essere ripartita dal luogo di villeggiatura nel pomeriggio dello stesso giorno, disdettando la prenotazione dell’albergo.

Valutate le predette circostanze, i giudici, sia di primo che di secondo grado, avevano ritenuto che la vicenda in esame fosse riconducibile all’ipotesi d’insussistenza della giusta causa di licenziamento atteso che il fatto rientrava tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva applicabile.

Conclusioni, queste, confermate anche in sede di legittimità, alla luce dell’inammissibilità dei motivi di ricorso sollevati dalla società datrice di lavoro, motivi con cui era sollecitata una diversa interpretazione della contestazione disciplinare ed invocato un sindacato in realtà inibito in sede di legittimità.