Dimissioni per fatti concludenti se il lavoratore è assente ingiustificato

Il Tribunale di Udine con sentenza n. 20 del 27 maggio 2022 ha statuito la configurabilità delle dimissioni tacite in caso di assenza prolungata ed ingiustificata dal posto di lavoro:assenza che oggi, nell’inerzia del dipendente, obbliga il datore di lavoro a disporre un oneroso licenziamento disciplinare con il conseguente diritto del lavoratore a percepire la NASpI (non fruibile in caso di dimissioni ordinarie).

Il caso oggetto di controversia riguarda una dipendente che svolgeva la propria attività lavorativa come aiuto cuoca presso una società specializzata nella gestione di mense e servizi di ristorazione presso enti pubblici e privati, inquadrata al 5° livello del CCNL Turismo Confcommercio Pubblici esercizi con orario part time al 50%.

La lavoratrice, dopo un periodo di ferie, si era assentata in via continuativa dal lavoro per un periodo di oltre 6 mesi durante il quale non aveva mai fornito alcuna giustificazione dell’assenza nè risposto alle contestazioni disciplinari e successivamente all’invito del datore di lavoro a comunicare le dimissioni secondo le modalità telematiche vigenti.

La società datrice di lavoro aveva infatti preso atto dell’assenza della sua dipendente e non gli aveva più corrisposto la retribuzione, invitandola a dimettersi in via definitiva.

La stessa lavoratrice peraltro, prima di andare in ferie, aveva manifestato anche alla propria responsabile il definitivo proposito di non rientrare più in servizio.

Nella missiva di invito alle dimissioni, il datore di lavoro provvedeva anche ad allegare il modulo per la comunicazione delle dimissioni, facendo presente, che laddove la trasmissione non fosse avvenuta entro 7 giorni, la società datrice di lavoro avrebbe ritenuto comunque, ad ogni effetto, l’avvenuta risoluzione di fatto del rapporto di lavoro, provvedendo alle comunicazioni agli enti preposti.

Nell’inerzia della lavoratrice, il datore di lavoro aveva comunicato al Centro per l’impiego il modello Uni-Lav per lo scioglimento del rapporto di lavoro con la causale “dimissioni”.

La lavoratrice aveva presentato ricorso:

per accertare e dichiarare la nullità e/o l’inefficacia e/o l’invalidità ovvero pronunciare l’annullamento delle dimissioni e/o del provvedimento di scioglimento del rapporto di lavoro;

per accertare e dichiarare la permanenza e continuità del rapporto di lavoro, ordinando alla società datrice di lavoro la sua riammissione in servizio;

per condannare il datore di lavoro al pagamento della retribuzione fino alla riammissione al lavoro oltre al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria su tutte le somme dovute.

La società datrice di lavoro si costituiva per il rigetto del ricorso eccependo che il rapporto di lavoro si era risolto per esclusiva volontà della ricorrente e, comunque, per fatti concludenti, stante la sua assenza prolungata e ingiustificata e il dichiarato intento della dipendente di provocare il recesso datoriale e di percepire la NASpI.

Il Tribunale di Udine in funzione di Giudice del Lavoro ha rigettato il ricorso della lavoratrice sulla base delle seguenti motivazioni.

Innanzitutto appare chiara l’intenzione della dipendente di porre fine al rapporto di lavoro, intenzione palesata alla propria responsabile e dimostrata fattualmente con il mancato rientro a lavoro dopo le ferie. Pertanto, pur in difetto di una formalizzazione delle dimissioni, il Giudice del lavoro, facendo propri gli insegnamenti della Suprema Corte in tema di principio dell’affidamento e buona fede oggettiva, ravvisa nel comportamento concretamente tenuto dalle parti la sintomatica manifestazione di una reciproca e convergente volontà di non dare più seguito al contratto di lavoro, determinandone così la risoluzione per fatti concludenti.