Emissione di false fatture: sì al sequestro sul conto del professionista

La Corte di Cassazione con sentenza 27698 del 18 luglio 2022 ha confermato, il sequestro preventivo disposto a carico di un professionista, un commercialista, indagato per concorso nei reati di cui agli artt. 8 e 4  d.lgs 74/2000.

La condotta contestatagli era di concorso nell’emissione, da parte di una Srl, di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, funzionali a consentire l’evasione di IVA e di dichiarazione infedele.

Le violazioni tributarie in esame si erano consumate nell’ambito di operazioni di acquisto di autoveicoli all’estero, in regime di sospensione IVA, attraverso delle società cartiere.

L’indagato si era opposto alla decisione confermativa della misura cautelare a suo carico sostenendo che, disponendo della documentazione contabile in esame quale consulente fiscale della società, si era solo limitato a registrare le fatture degli anni di riferimento senza verifiche, cui peraltro non era tenuto per legge.

Appena resosi conto dell’errore nella dichiarazione presentata, peraltro, aveva emesso la nota di storno con addebito dell’IVA e si era attivato prontamente allorché si era avveduto dell’assenza dei presupposti per fruire dell’agevolazione fiscale.

La Corte ha evidenziato la non ricorrenza, nella specie, dei presupposti della violazione di legge, unico vizio deducibile contro le misure cautelari reali, come appunto il sequestro preventivo disposto nella vicenda di specie.

Nella decisione, è stato altresì sottolineato come la documentazione sequestrata, sia presso le sedi delle società che procedevano all’acquisto o all’intermediazione dell’acquisto dei veicoli, sia presso le sedi delle società cartiere, avesse consentito di fotografare con precisione tutti i traffici illeciti e di delineare il ruolo del ricorrente, a cui, come commercialista, era stata ascritta, non solo l’emissione delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, ma anche l’omessa indicazione, nella dichiarazione del modello Unico della cliente, di elementi attivi per oltre 4 milioni di euro.

Il Tribunale, infatti, aveva evidenziato plurimi elementi a carico del ricorrente:

il coindagato, legale rappresentante della società, aveva espressamente riferito che era stato proprio il professionista a suggerirgli un’ulteriore cartiera cui rivolgersi per acquistare in regime di sospensione IVA;

dalla messaggistica intercorsa tra l’indagato e il titolare delle due cartiere era emerso con nettezza che i due si erano alacremente attivati per sistemare la documentazione in modo da evitare i controlli della Finanza. Ne discendeva, in definitiva, la legittimità della misura cautelare irrogata in capo al professionista.