Infortuni sul lavoro. Responsabilità dell’ente se c’è colpa di organizzazione

La  Corte di Cassazione  con sentenza 39615 del 20 ottobre ha chiarito che la società risponde ex Decreto 231 dell’infortunio del lavoratore se è configurabile una colpa di organizzazione  che deve essere specificamente provata dall’accusa.

La mancata adozione e l’inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell’illecito dell’ente, ma integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, che va specificamente provata dall’accusa, mentre la persona giuridica può dare dimostrazione dell’assenza di tale colpa.

Difatti, gli elementi costitutivi dell’illecito dell’ente, nelle ipotesi di infortuni sul lavoro sono:

compresenza della relazione organica e teleologica tra il soggetto responsabile del reato presupposto e l’ente (cosiddetta “immedesimazione organica”);la colpa di organizzazione;il reato presupposto;il nesso causale.

All’impresa era stato addebitato l’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 25 septies del Decreto 231, in relazione alle lesioni colpose patite da un dipendente, a seguito della violazione delle norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro.

La decisione di secondo grado era stata impugnata dall’azienda dinnanzi alla Suprema corte, dove erano stati lamentati, tra i motivi, violazione di legge nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

Gli Ermellini, dopo una compiuta disamina sull’evoluzione giurisprudenziale relativa all’applicabilità del Decreto 231, con particolare riferimento ai reati colposi, hanno giudicato fondate le predette doglianze.

La Corte territoriale, in particolare, non aveva motivato sulla concreta configurabilità di una colpa di organizzazione della società, non approfondendo, peraltro, l’aspetto relativo al concreto assetto organizzativo adottato dall’impresa in tema di prevenzione dei reati di specie, né stabilendo se tale elemento avesse avuto incidenza causale rispetto alla verificazione del reato presupposto.

Da qui l’annullamento della decisione impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio di merito.