Truffe sui bonus facciate: la buona fede del cessionario non impedisce il sequestro

La Corte di cassazione, con  sentenza 44467 del 23 novembre 2022, ha ribaltato la decisione con cui il Tribunale aveva annullato, nell’ambito di un’articolata indagine per truffa aggravata sui bonus facciate, il provvedimento di sequestro impeditivo che aveva colpito il cassetto fiscale del cessionario, soggetto terzo in buona fede.

Il Procuratore della Repubblica si era opposto all’annullamento della misura sostenendo che i crediti d’imposta ceduti, pacificamente inesistenti sulla base degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini, costituivano profitto o quantomeno prodotto del reato.

Detti crediti, per il ricorrente, erano anche compresi fra i beni per i quali è vietata la restituzione, in quanto la naturale destinazione degli stessi è la compensazione e l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti costituisce reato.

Ciò posto, la buona fede del cessionario – nei casi come quello di specie – non avrebbe potuto far sorgere in capo allo stesso un credito inesistente né legittimare la circolazione o la compensazione di fittizi crediti fiscali.

La Suprema corte ha giudicato fondata tale doglianza, ritenendo non condivisibili le diverse conclusioni cui era giunto il Tribunale nell’ordinanza impugnata.

Nella decisione, era stato affermato che la pacifica buona fede della persona offesa dai reati di truffa, consentirebbe ai terzi cessionari incolpevoli di far circolare crediti fiscali ovvero di portarli in compensazione con i crediti dell’Erario.

La Cassazione, richiamando i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, ha quindi ricordato come il sequestro impeditivo richiede solo la prova di un legame pertinenziale tra la res e il reato, vale a dire un collegamento che comprende sia le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, sia le cose legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (anche se, in questo caso, non è sufficiente una relazione meramente occasionale tra la res e l’illecito).

Il sequestro preventivo di tipo impeditivo – ha continuato la Corte – implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto di sequestro anche le cose di proprietà di terzo estraneo, se la loro disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato stesso.

Lo stato di buona fede del terzo, del resto, rileva solo nel caso in cui il sequestro sia stato disposto in quanto funzionale alla confisca ex art. 321, comma 2, c.p.p.

Per contro, la buona fede della persona offesa dalle truffe e cessionaria dei crediti non preclude il sequestro preventivo.

L’ordinanza impugnata, in definitiva, è stata annullata, con rinvio al Tribunale in diversa composizione, il quale, alla luce di quanto precisato, sarà tenuto a verificare la sussistenza di tutti i presupposti per la conferma del sequestro ex art. 321, comma 1 c.p.p. disposto dal GIP.