Ispezione fiscale illegittima? Fisco e accertatori condannati a risarcire

La Corte  di cassazione, con  ordinanza 5984 del 28 febbraio 2023, ha ritenuto legittima la condanna al risarcimento disposta a carico dell’Agenzia delle Entrate e dei verificatori dell’Ufficio finanziario, per i danni subiti da un contribuente in conseguenza di un’illegittima ispezione fiscale.

Quest’ultima era stata effettuata presso la società di cui lo stesso contribuente era amministratore, per la verifica di rapporti commerciali intrattenuti con altra compagine.

La Corte d’appello, nel pronunciarsi sulla vicenda, aveva accertato la responsabilità colposa dei verificatori per i fatti erroneamente attribuiti all’imprenditore all’esito dell’accertamento dal quale erano originati due procedimenti penali a carico del medesimo.

Ne era derivata la condanna degli appellati al risarcimento dei danni non patrimoniali, quantificati in 20mila euro.

I giudici di gravame, in particolare, avevano ritenuto sussistere la violazione dell’art. 2043 cod. civ., in quanto l’errore commesso dagli accertatori dell’Ufficio, al quale era stata anche rivolta, invano, formale istanza di provvedimento in autotutela, aveva concretizzato i presupposti della colpa grave.

Agenzia e verificatori si erano rivolti alla Suprema corte, considerando erronea l’attribuzione, a loro carico, delle gravi conseguenze derivanti dall’apertura dei due procedimenti penali.

Secondo la loro difesa, gli stessi non potevano essere ritenuti responsabili per la mera presentazione della denuncia a carico del contribuente: tale atto rivestiva la natura di atto dovuto per gli agenti verificatori, quali pubblici ufficiali a cui l’art. 361 c.p. impone un obbligo di denuncia per i fatti di reato, appresi nell’esercizio o a causa delle funzioni, il cui ritardo od omissione è penalmente sanzionato.

Doglianza, questa, non condivisa dagli Ermellini, atteso che era del tutto congrua e logica la motivazione resa dalla Corte territoriale.

I ricorrenti – si legge nella decisione della Cassazione – non erano stati ritenuti responsabili per la denuncia in sé, bensì per le risultanze dei loro accertamenti: se questi ultimi fossero stati effettuati correttamente, non avrebbero indotto il Pm ad esercitare l’azione penale.

Né poteva valere, come esimente di tale responsabilità, il fatto che le conclusioni degli accertatori erano state avallate dall’Ufficio del Pm, considerato che quest’ultimo era stato tratto in errore proprio dalla erroneità degli accertamenti effettuati dagli accertatori e dalle loro conclusioni.

Il motivo dei ricorrenti, in ogni caso, era da ritenere inammissibile, sostanziandosi in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dalla Corte territoriale, volta a sollecitare, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, una rivisitazione altrettanto fattuale del giudizio, non consentita in sede di legittimità.