La responsabilità dell’ente in materia antinfortunistica

La Corte di Cassazione con la sentenza 22256 del 8 giugno 2021 ha statuito che non vi è un’applicazione automatica della norma antinfortunistica che ne dilati a dismisura l’ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione.

La vicenda vedeva coinvolta una società di selezione dei rifiuti chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo  in relazione al delitto di lesioni personali colpose ai sensi dell’art.590c.p.
In particolare, l’imputazione ex D.lgs. 231/2001 derivava dal fatto che la condotta omissiva addebitata al datore di lavoro, imputato nel medesimo procedimento, fosse stata posta in essere anche nell’interesse e/o vantaggio della Società. La Corte d’Appello, al pari del giudice di primo grado, rinveniva la “colpa” dell’ente nella mancata valutazione del rischio di infortunio derivante dalle possibili interferenze tra i conducenti dei carrelli elevatori e gli addetti allo scarico del materiale.
Secondo i giudici di merito, infatti, la responsabilità della società scaturiva dalla riduzione dei costi relativi all’attività di un consulente per la revisione del DUVRI, nonché dall’aumento della produzione come conseguenza della mancata adozione di adeguate cautele. La difesa dell’ente proponeva, quindi, ricorso per Cassazione lamentando la non adeguata motivazione della sentenza sul punto relativo all’asserita sussistenza del vantaggio dell’ente, sia sotto il profilo del risparmio di spesa sia in merito alla sostenuta accelerazione dei processi produttivi.
Gli Ermellini hanno quindi ritenuto che per dimostrare la natura colposa del reato presupposto, è necessario verificare che la condotta dell’autore derivi da un’inadeguatezza organizzativa di sistema, contraria al dovere di diligenza. Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha affermato che “il risparmio dei costi era esiguo e inserito in una generale osservanza delle norme antinfortunistiche da parte dell’impresa” e che quindi la sentenza impugnata non ha “in alcun modo valutato la consistenza del vantaggio, nel caso di specie derivante dall’omissione di una singola misura di prevenzione e non dalla sistematica violazione della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro”.