Gestione separata Inps: il caso dei professionisti iscritti a un Albo

L’avvocato Tarquinia iscritta all’albo degli avvocati  non era soggetta all’obbligo di versamento della contribuzione pensionistica, alla propria Cassa di categoria, per redditività inferiore ai minimi previsti dal regolamento interno. L’INPS a tal  proposito ha rilevato che la regola del minimo reddito necessario per l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata riguarda unicamente il caso di un esercizio occasionale della professione e non anche il caso, come quello di specie, di esercizio abituale, ancorché non esclusivo.

CONTESTO NORMATIVO

Come noto, la Gestione separata Inps, attiva dal 1996, nasce con la conclamata funzione di allargare la copertura assicurativa obbligatoria verso talune categorie di lavoratori autonomi, che, altrimenti, ne sarebbero state sprovviste.

 Fuori dalle classiche Gestioni obbligatorie Inps (lavoratori dipendenti, artigiani, commercianti, agricoli), taluni soggetti dotati di propria autonomia rimanevano, infatti, esclusi da ogni obbligo normativo.

Tramite la norma istitutiva, quindi, venne stabilito il perimetro dell’obbligo di iscrizione a tale forma di previdenza, essendo previsto che: a decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all’iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l’INPS, e finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, e gli incaricati alla vendita a domicilio. Sono esclusi dall’obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività.

I soggetti interessati dall’obbligo di iscrizione e contribuzione, per rimanere alle categorie principali e più numerose, possono essere distinti, ai fini operativi, tra le seguenti tipologie di lavoratori autonomi:

1. soggetti che svolgono attività autonoma di tipo professionale (ex articolo 53, Tuir) in forma abituale anche se non esclusiva che, operando in ambito professionale, ritraggono della propria attività un reddito classificabile tra quelli di lavoro autonomo, secondo il disposto del Tuir.

Si tratta, di norma, dei c.d. professionisti senza Cassa, ovvero di soggetti che esercitano attività professionali non regolamentate grazie all’esistenza di un Ordine professionale ad hoc.

2. titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione. Unitamente a queste, dalla stessa norma vengono indicati anche gli “uffici di amministratore, sindaco o revisore di società associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni;

3. lavoro autonomo occasionale: sono tali quei lavori che un soggetto si trova a “compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”, senza tuttavia svolgere tale attività in modo abituale. In fondo, a ben vedere, la distinzione per tale tipologia di soggetti sta proprio nella modalità di svolgimento dell’attività, che non deve esser connotata dall’abitualità.

L’estensione dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata è stata operata dal Legislatore nel 2003, avertendosi la scopertura  contrattuali piuttosto diffuse, prevedendo, tuttavia, una zona franca che non obbliga all’iscrizione e alla contribuzione:

“A decorrere dal 1° gennaio 2004 i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all’ articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono iscritti alla gestione separata di cui all’ articolo2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000”

Un limite di franchigia che, seppur nel corso degli anni abbia procurato qualche errata valutazione, appare quantomai consona al tipo di attività, connotata, come detto, da occasionalità; data la caratteristica, infatti, la previsione di un generalizzato obbligo di iscrizione e versamento alla Gestione separata sarebbe stato davvero eccessivo.

Per la contribuzione vengono previste distinte aliquote contributive, che seguono essenzialmente la condizione del singolo soggetto obbligato al versamento. Si possono infatti distinguere i professionisti, i collaboratori e, infine, soggetti titolari di pensione o iscritti ad altra tutela pensionistica obbligatoria.

Anche la modalità di versamento contributivo opera distintamente a seconda del tipo di soggetto coinvolto; si passa, ed esempio, dal versamento operato in sede dichiarativa (per i professionisti) a quello mensile con ritenuta operata dal committente (per i collaboratori). Analoga distinzione deve operarsi circa le modalità di iscrizione alla Gestione separata: personale per i professionisti, a cura del committente per i collaboratori.

IMPLICAZIONI

Nella vicenda oggetto di approfondimento, un’avvocatessa, iscritta all’Ordine professionale forense,  non era soggetta all’obbligo di versamento della contribuzione pensionistica, alla propria Cassa di categoria, per redditività inferiore ai minimi previsti dal regolamento interno.

 Come noto i professionisti ordinistici sono obbligatoriamente iscrivibili alla Gestione separata nel caso svolgano “attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 (le casse professionali di categoria, ), in base ai rispettivi statuti e ordinamenti” e tale obbligo viene “meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass. n. 32167 del 2018, in motivazione, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 519 del 2019, 317 e 1827 del 2020, 477 e 478 del 2021)”.

In tale fattispecie dunque occorre valutare il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno; e se nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita Iva o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, non è meno vero che trattasi pur sempre di forme di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto.

In particolare modo dunque, fermo restando, ovviamente, che l’abitualità di cui si discute dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina ch’è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui al Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 44 cit., che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale”.

Una situazione, quella dei professionisti iscritti a un Ordine, ma non operanti versamenti alla Cassa di categoria, che, se da un lato appare piuttosto delicata, dall’altro trova soluzione logica dal disposto della norma primaria, articolo 2 L. 335/1995, così come interpretato ex articolo 18  D.L. 98/2011, combinato alle indicazioni poste ex articolo 44, D.L. 269/2003. Il punto, come spesso accade su questi tempi previdenziali, sta nell’abitualità o meno dell’attività svolta; una questione che, ha proposto nel tempo molta confusione negli operatori, in questo non aiutati dall’Istituto previdenziale.

 Sul punto specifico, date le molteplici casistiche che possono presentarsi, vi può talora essere spazio per diversi convincimenti; viceversa in altre situazioni, come quella esaminata di un avvocato iscritto all’Ordine e titolare di partita Iva, non sussiste dubbio alcuno. Prendendo spunto da quanto indicato dai Supremi giudici, per casi dubbi occorre, quindi, valutare la concreta modalità di esercizio dell’attività, tenendo conto della strutturazione operativa, del protrarsi o meno nel tempo del lavoro svolto e, infine, di possibili presunzioni, senz’altro relative, basate su regole di comune esperienza.

RISOLUZIONE SECONDO NORMA

Come abbiamo avuto modo di delineare nel corso dell’approfondimento, non tutti gli avvocati sono iscritti alla Cassa nazionale di previdenza forense. Ci sono alcuni professionisti che, per disposizione normativa o per circostanze di fatto, sono, o si ritengono, esclusi dall’obbligo, soprattutto quando non raggiungono un certo reddito minimo o non svolgono l’attività. Questo però non esclude che in parecchi casi anche questi legali siano tenuti all’iscrizione della Gestione separata Inps che, dal 1996, comprende anche i soggetti che esercitano abitualmente un’attività di lavoro autonomo e non sono iscritti alle rispettive Casse previdenziali di categoria. Per non sbagliare e rispettare gli adempimenti previdenziali ci si deve chiedere, quindi, quando gli avvocati devono iscriversi alla Gestione separata Inps.

Una nuova sentenza della Corte di Cassazione,  la 4419/2021 ha chiarito a tal proposito alcuni importanti aspetti, laddove ha stabilito che l’avvocato ha l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata anche quando non raggiunge i minimi previsti per l’iscrizione alla Cassa forense – e, dunque, guadagna meno di 5mila euro l’anno – se esercita l’attività professionale in modo abituale, anche se non esclusivo.

Sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l’Inps per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio; l’obbligo di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, di iscrizione alla Gestione Separata è, infatti, rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo) ma anche occasionale (entro il limite monetario indicato nel D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge altre diverse attività, per cui risulta già iscritto ad altra gestione. Tale obbligo viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento. (Cassazione civile sez. VI, 02/12/2020, n.27461)

Gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, hanno l’obbligo di iscrizione alla gestione separata  presso l’Inps cui non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio; l’obbligo di cui alla l. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, di iscrizione alla Gestione Separata è, infatti, rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo) ma anche occasionale (entro il limite monetario indicato nel d.l. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge altre diverse attività, per cui risulta già iscritto ad altra gestione. Tale obbligo viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento.

 Il contributo integrativo versato dall’avvocato, essendo costituito da una maggiorazione percentuale sui corrispettivi rientranti nel volume di affari ai fini Iva ripetibile nei confronti del debitore e dovendo essere versato da ogni iscritto agli albi professionali ai sensi dell’art. 10 della L. n. 6/81 indipendentemente dall’iscrizione alla cassa, si differenzia dal contributo soggettivo obbligatorio dovuto al medesimo ente previdenziale in misura percentuale del reddito professionale netto prodotto nell’anno risultante dalla dichiarazione Irpef da ogni iscritto alla cassa ai sensi dell’art. 9 della L. n. 6/81, e non ha natura strettamente previdenziale e non è collegato a futuri trattamenti pensionistici in quanto è ripetibile nei confronti del debitore ed ha la chiara funzione di finanziare le altre prestazioni erogate dalla Cassa, e quindi non è sostitutivo della previdenza obbligatoria operante presso l’Inps.

Pertanto, gli avvocati che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, la loro attività di lavoro autonomo e che siano iscritti all’Albo ma non alla relativa cassa previdenziale sono destinatari dell’obbligo contributivo presso la Gestione separata Inps, in considerazione del fatto che i redditi percepiti non risultano assoggettati ad altro titolo a contribuzione previdenziale obbligatoria.

Gli avvocati che non hanno l’obbligo di iscrizione alla Cassa forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’Inps, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all’art. 2, comma 26, della Legge n. 335/1995, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale.

Alla luce della ratio dell’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995, l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. Orbene, è noto che il contributo integrativo versato alla Cassa forense non ha questa valenza, in quanto è connotato esclusivamente da un profilo solidaristico in senso ampio.

Di conseguenza, gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell’abitualità, non hanno – secondo la disciplina vigente “ratione temporis”, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione – l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’Inps, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all’art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale.

RISOLUZIONE CASO PRATICO

Alla luce delle premesse normative e delle considerazioni esposte in precedenza dunque,  l’avvocato deve iscriversi alla Gestione separata Inps anche se guadagna meno di 5mila euro l’anno.

A far sorgere l’obbligo di iscrizione non è il requisito reddituale, bensì lo svolgimento dell’attività forense in forma abituale. In concreto, ciò può essere accertato esaminando e valutando le circostanze di fatto, come l’avvenuta iscrizione all’Ordine, l’apertura della partita Iva e la presenza di uno studio professionale.

Non c’è, invece, alcun automatismo che possa far ritenere come svolta in forma abituale un’attività, come quella tipica dell’avvocato, che per legge deve svolgersi soltanto a seguito dell’iscrizione all’Ordine professionale.

E allora il reddito mantenuto al di sotto della soglia dei 5mila euro annui può rappresentare un indizio dello svolgimento dell’attività in forma occasionale, anziché abituale; in tal caso, l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata Inps non sussiste

Dunque in definitiva, secondo l’insegnamento fornito dalla Corte di Cassazione, non c’è una presunzione legale assoluta che impone di ritenere abituale l’attività professionale per la quale è richiesta l’iscrizione all’Ordine; il requisito dell’abitualità deve, invece, essere – puntualizza il Collegio – «accertato in punto di fatto» e caso per caso, anche attraverso le presunzioni che possono fornire indizi di svolgimento dell’attività tipica dell’avvocato in modo abituale e che a loro volta possono essere smentite da presunzioni di segno contrario.
In ogni caso, la sentenza sottolinea che «l’abitualità di cui si discute deve essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina che è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare del reddito prodotto, dal momento che ciò tornerebbe ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia  che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale.