Concorrenza sleale dell’ex dipendente che sfrutta dati riservati

La Corte di Cassazione con sentenza 18034 del 6 giugno 2022 ha reso noto che il  fatto che l’ex dipendente abbia utilizzato informazioni non oggetto di segreto industriale non esclude la configurabilità, a suo carico, di una condotta di concorrenza sleale, se si tratta comunque di “dati riservati”.

La responsabilità per concorrenza sleale dell’ex dipendente può essere affermata infatti anche in assenza di un patto di non concorrenza: il giudizio di responsabilità, in questo caso, si fonda non sulla violazione di un impegno a non svolgere attività concorrenziale, volontariamente assunto dall’ex collaboratore, ma sulla consumazione di condotte sleali, lesive della sfera e della libertà dell’imprenditore concorrente.

Due ex dipendenti di un’azienda erano state condannate dai giudici di merito per aver posto in essere, dopo essersi dimesse, atti di concorrenza sleale nei confronti della ex datrice di lavoro.

L’imprenditore – si legge nella decisione – deve ritenersi tutelato nei confronti di atti di concorrenza finalizzati ad appropriarsi di segreti nei procedimenti produttivi o in genere attinenti all’organizzazione dell’impresa, oltre che degli atti volti ad acclarare con mezzi subdoli notizie che, senza che siano veri e propri segreti, l’impresa concorrente non ritenga di mettere a disposizione del pubblico.

Lo sviamento di clientela che può essere posto in essere utilizzando notizie sui rapporti con i clienti di altro imprenditore, acquisite nel corso di una pregressa attività lavorativa svolta alle dipendenze di quest’ultimo, costituisce, ciò posto, condotta anticoncorrenziale, qualora si tratti di notizie che, sebbene normalmente accessibili ai dipendenti, non siano destinate ad essere divulgate al di fuori dell’azienda. Questo, nel caso in cui dal loro impiego consegua un indebito vantaggio competitivo.

Perché, poi, possa affermarsi la responsabilità per concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c. non è necessaria l’esistenza di un patto di non concorrenza.

La richiamata disposizione, infatti, stabilendo che compie atti di concorrenza sleale l’imprenditore che si avvalga – direttamente o indirettamente – di ogni mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda – è norma in bianco e di chiusura della disciplina, diretta a riassumere tutte le ipotesi, diverse da quelle precedentemente contemplate, i cui unici presupposti applicativi sono costituiti dal possesso della qualità di imprenditore in capo ai soggetti coinvolti e l’esistenza – tra di essi – di una situazione di competizione o concorrenzialità sul piano imprenditoriale.

In tale contesto, gli atti di concorrenza sleale compiuti dopo la cessazione del rapporto di lavoro dall’ex dipendente in danno dell’ex datore di lavoro configurano un illecito extracontrattuale non ricollegabile al pregresso rapporto di lavoro.