IMU post fallimento in prededuzione sul ricavato della liquidazione

La Corte di  Cassazione con ordinanza 18882 del 13 giugno 2022 ha statuito che l’IMU maturata dopo la dichiarazione di fallimento rientra tra le spese sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione dell’immobile ed integra una “uscita di carattere specifico”, a norma dell’art. 111-ter della Legge fallimentare, che grava in prededuzione su quanto ricavato dalla liquidazione dell’immobile, anche se oggetto di ipoteca.

Ciò ai sensi della lettura combinata degli artt. 111, 111-bis e 111-ter della citata legge.

L’art. 111-ter, comma 3 l.fall. – ha precisato la Corte – è una norma che regola il concorso tra crediti prededucibili e crediti assistiti da prelazione, prevedendo l’imputazione al ricavato dalla vendita dei singoli beni sui quali si esercita la prelazione (maggiorato delle entrate) delle “uscite di carattere specifico” – vale a dire delle spese prededucibili sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione di ciascun bene – oltre che di una quota proporzionale delle uscite “di carattere generale” della procedura, in quanto sostenute nell’interesse di tutti i creditori.

La “parte” destinata in via esclusiva ai “creditori garantiti” – e perciò sottratta ai creditori prededucibili, nonostante essi siano di grado poziore – è individuata con riferimento al netto ad essi distribuibile, che si ottiene sottraendo dalla singola massa attiva (prezzo di liquidazione, frutti, interessi ecc.) i costi specifici funzionali alla gestione e al realizzo del bene, nonché una quota parte delle spese generali della procedura.

Risulta evidente – si legge per finire nella decisione – che tra le “uscite di carattere specifico” contemplate dal menzionato art. 111-ter, comma 3, L.fall. rientrano anche le imposte prededucibili che gravano sul bene oggetto di prelazione – come nel caso dell’IMU – costituenti spese vive a carico della procedura, che discendono in via esclusiva dall’acquisizione del bene medesimo all’attivo.