Condotte vessatorie nei confronti dei collaboratori: dirigente licenziato

La Corte di Cassazione con sentenza 29332 del 7 ottobre 2022 ha statuito che è legittimo il licenziamento disciplinare comminato al dirigente per comportamenti vessatori nei confronti dei collaboratori e sottoposti, in contrasto con i doveri connessi all’incarico ricoperto ed alla corretta gestione della struttura.

La Corte di cassazione ha definitivamente confermato il recesso per giusta causa irrogato nei confronti di un dirigente medico per comportamenti gravemente lesivi del vincolo fiduciario, per come oggetto di ripetute segnalazioni e di una dettagliata relazione sottoscritta da diversi collaboratori.

Al dirigente erano stati addebitati sistematici comportamenti denigratori nei confronti dei medici e biologi suoi sottoposti e connessi problemi di gestione della struttura lui affidata.

Detti comportamenti erano stati qualificati come “dittatoriali”, ripetutamente “tesi a ridicolizzare l’operato dei lavoratori”, oltreché di ostacolo alla comunicazione e all’interazione lavorativa tra i sottoposti.

Il sistema posto in essere, definito di sopraffazione e condizionamento psicologico, era specificato nella relazione di cui alla contestazione, consegnata al dirigente prima dell’audizione, per come confermato dalle testimonianze raccolte nel giudizio di opposizione.

Si trattava di condotte reputate idonee a giustificare il licenziamento disciplinare irrogato.

A fronte delle doglianze prospettate dal dirigente, oppostosi alla conferma della sanzione espulsiva a suo carico, lo stesso aveva lamentato violazione e falsa applicazione di legge, in relazione alla genericità ed intempestività della contestazione disciplinare e sotto il profilo dell’insussistenza di una condotta disciplinarmente rilevante.

Doglianze, queste, giudicate non fondate dalla Suprema corte.

In tema di licenziamento disciplinare – ha rammentato la Cassazione – nell’apprezzare la sussistenza del requisito della specificità della contestazione, il giudice di merito deve verificare, al di fuori di schemi rigidi e prestabiliti, se la medesima offre le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati, tenuto conto del loro contesto, e verificare altresì se la mancata precisazione di alcuni elementi di fatto abbia determinato un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa.

Nella vicenda esaminata, tale apprezzamento era stato correttamente condotto dal giudice di gravame.

La relativa valutazione, ciò posto, sarebbe stata sindacabile in cassazione solo mediante precisa censura, che non poteva limitarsi, come invece prospettato dal ricorrente, a una lettura alternativa a quella svolta nella decisione impugnata.