Associazioni, conseguenze della perdita della natura non commerciale

La Corte di cassazione  con ordinanza 546 del 11 gennaio 2023 si è occupata della vicenda di una associazione sportiva che era stata raggiunta, unitamente ai soci, da alcuni avvisi di accertamento finalizzati al disconoscimento della natura di ente non commerciale, ai fini di quanto previsto dall’art. 148 del TUIR.

Gli atti erano volti al conseguente recupero delle maggiori imposte gravanti sull’associazione e della maggiore IRPEF a carico dei tre associati in proporzione delle rispettive quote di partecipazione.

I predetti atti impositivi erano stati emessi a seguito di un controllo, innescato da inviti a comparire e da una verifica, all’esito della quale era stato emesso PVC con il quale era stato accertato l’omesso deposito delle dichiarazioni dei redditi, l’omessa tenuta della contabilità, l’omessa tenuta dei libri sociali e la mancata prova della convocazione delle assemblee, con conseguente qualificazione della associazione quale società di fatto, in quanto ritenuta svolgere, in maniera dissimulata, attività commerciale.

Le impugnazioni promosse dall’associazione e dagli associati sono  rigettate sia dai giudici di primo e secondo grado che dalla Corte di legittimità.

Gli Ermellini hanno chiarito che quando l’associazione non riconosciuta, quale ente non commerciale, perde tale ultima natura, essa viene assoggettata, nel caso in cui si accerti che l’attività già associativa fosse svolta da più associati tra di loro, alla disciplina degli enti collettivi commerciali.

Conseguentemente, in considerazione dell’assenza di un formale contratto scritto di società tra i soci, l’attività commerciale svolta tra gli stessi deve ritenersi equiparabile a quella delle società in nome collettivo irregolari, nel qual caso, l’intenzionale esercizio in comune tra i soci di un’attività commerciale a scopo di lucro con il conferimento, a tal fine, dei necessari beni o servizi, comporta l’applicazione del regime di trasparenza fiscale.

La disciplina tributaria – si legge nel testo della decisione – non richiede, infatti, per la tassazione del reddito di una società di fatto, altro requisito se non la ravvisabilità nel suo oggetto dell’esercizio di un’attività commerciale.

Senza contare che la costituzione di una compagine societaria è ammessa anche per l’esercizio occasionale di attività economiche.