Reiterati errori nella lavorazione di pratiche assegnate: licenziamento legittimo

La Corte di cassazione con ordinanza 5614 del 23 febbraio 2023 ha respinto il ricorso promosso da un dipendente pubblico, contro la decisione d’appello, confermativa della legittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dall’ente, datore di lavoro, in relazione alla non corretta lavorazione di diverse pratiche lui assegnate.

La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che la contestazione disciplinare fosse tempestiva, perché derivata da controlli effettuati dai superiori gerarchici a campione, in base a quanto disposto da apposita circolare interna, di tal ché la consapevolezza della reale dimensione dell’inadempimento era stata acquisita dall’ufficio competente soltanto all’atto di ricevimento della relazione finale.

Secondo i giudici di merito, infatti, le dimensioni delle irregolarità scoperte e il loro protrarsi nel tempo determinavano il venir meno del vincolo fiduciario e rendevano la sanzione espulsiva proporzionata.

L’uomo si era rivolto alla Suprema corte, lamentando, tra i motivi, un’incongruità logica e giuridica circa la tempestività della contestazione disciplinare, giunta alcuni mesi dopo i controlli.

Tale doglianza è stata giudicata infondata, atteso che la Corte territoriale aveva ritenuto tempestiva la contestazione grazie ad una pluralità di ragioni, da ritenersi coerenti con il principio di diritto accolto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la contestazione dell’addebito dall’art. 55 bis, comma 4, D. Lgs. n. 165/2001, assume rilievo esclusivamente il momento in cui l’ufficio competente abbia acquisito una “notizia di infrazione” di contenuto tale da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento mediante la contestazione”.

E parimenti infondato è stato giudicato l’ulteriore motivo di ricorso, volto a far valere l’incongruità logica e giuridica del convincimento maturato dalla Corte di gravame in ordine alla ricorrenza, nella specie, del “notevole inadempimento” legittimante l’irrogazione della sanzione del licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Per la Cassazione, infatti, la Corte d’appello non era incorsa in alcun vizio logico o giuridico nel ritenere che l’addebito contestato, sostanziatosi nell’attribuzione di ben 44 irregolarità, integrasse gli estremi di un inadempimento di notevole portata.