Licenziamento per insubordinazione: illegittimo con fatto non grave

La Suprema corte con sentenza 10435 del 19 aprile ha confermato  la decisione della Corte d’appello di annullamento del licenziamento per giusta causa che una Residenza Sanitaria Assistenziale aveva irrogato a una lavoratrice in ragione di ripetuti episodi di insubordinazione, ritenuti di particolare gravità, posti in essere nei confronti dei superiori gerarchici.

Mentre, in primo grado, il licenziamento senza preavviso era stato ritenuto legittimo, la Corte territoriale, in sede di appello, aveva annullato il recesso e condannato la società datrice di lavoro alla reintegrazione del dipendente nonché al pagamento di una indennità risarcitoria.

Alla base della decisione, il rilievo secondo cui il comportamento della lavoratrice rientrava tra gli illeciti per i quali la contrattazione collettiva applicabile prevedeva sanzioni esclusivamente conservative (insubordinazione non connotata da particolare gravità).

Ne era conseguita l’applicazione della tutela di cui all’art. 18, comma 4 dello Statuto dei lavoratori.

Secondo l’azienda, per contro, era erroneo considerare il fatto come non grave e tale, quindi, da non giustificare il licenziamento della dipendente.

Per questo motivo si era rivolta alla Corte di cassazione, denunciando, tra i motivi, violazione e falsa applicazione del menzionato 18, anche con riferimento all’art. 38 del CCNL per il personale dipendente delle RSA concretamente applicabile.

La condotta – era stato altresì evidenziato – oltre a non essere connotata da violenza, né fisica né verbale, non aveva determinato ripercussioni specifiche e significative a livello aziendale né era emerso alcun pericolo o danno per utenti e/o colleghi e/o per il patrimonio aziendale.

Si trattava, in definitiva, di una valutazione esente da vizi logici o contraddittori che, come tale, non risultava censurabile né in punto di diritto né di fatto.