Presentazione 5° rapporto annuale lavoro domestico

I lavoratori domestici in Italia sono sempre più italiani e sempre più uomini. La tendenza emerge tra le righe del quinto rapporto annuale sul lavoro domestico, promosso dall’Osservatorio Domina, presentato presso la Sala Nassirya del Senato della Repubblica.

Se infatti è vero che a livello nazionale si registra una prevalenza di lavoratori domestici stranieri (69,5%) dall’altra parte – rileva l’indagine – cresce il trend dei lavoratori domestici italiani che raggiungono il 30,5% del totale. Tra le nazionalità straniere la componente più significativa è quella rappresentata dell’Est Europa pari al 35,4% dei lavoratori domestici totali. I lavoratori domestici asiatici rappresentano invece il 17% dei lavoratori a livello nazionale e superano il 20% nelle regioni in cui è forte la presenza di colf, come il Lazio (27,7%), Sicilia (24,7%), Campania (23,8%) e Lombardia (22,5%).

Per quanto riguarda la cittadinanza, si registra una maggiore presenza italiana nei livelli più qualificati (D e DS), con oltre il 40%. Nei livelli con qualifica inferiore, invece, la presenza straniera supera il 75%, indipendentemente che si tratti di cura della casa o della persona. L’unica eccezione riguarda il livello C, in cui la presenza italiana raggiunge
il 36%.

Non solo: sebbene il lavoro domestico sia storicamente identificato con il genere femminile, nel 2022 sono stati registrati oltre 121 mila lavoratori domestici di genere maschile (13,6% dei lavoratori totali). In alcune regioni il fenomeno è maggiormente presente: in Sicilia il 23% dei lavoratori domestici è di genere maschile e in Campania la percentuale arriva al 17%.

Il settore rimane caratterizzato da un alto tasso di irregolarità (51,8%, contro una media nazionale dell’11,3% per tutti i settori), da cui si può stimare in circa 4 milioni di soggetti il numero complessivo di persone coinvolte, tra lavoratori e datori di lavoro.Tra le modalità di pagamento dello stipendio dei lavoratori domestici, le famiglie italiane continuano ad usare poco gli strumenti tracciabili: il 27% utilizza bonifici bancari e il 3% assegni o vaglia. La forma più comune rimane il pagamento in contanti (38%), mentre quasi un terzo delle famiglie non ha un metodo fisso (32%).

Approfondimento

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