Lavoro: le partite Iva salgono a 5 milioni. Aumentano le nuove professioni, meno artigiani

Secondo elaborazioni dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, il dato è cresciuto rispetto al periodo pre-Covid ma è ancora lontano dai 6,2 milioni di vent’anni fa. Tra le categorie “classiche”, fra il 2014 e il 2022 il numero degli autonomi era sceso di 495mila unità: gli agricoltori sono diminuiti del 7,5% e i commercianti del 9,7%. Sono sempre di più invece consulenti, amministratori di condominio o addetti web. 

Tornano a salire dopo la pandemia del 2020 gli appartenenti al “popolo delle partite Iva”, quello che ha caratterizzato lo sviluppo economico di molte aree del Paese, soprattutto a Nordest. 

Tuttavia scende il numero delle categorie tradizionali del lavoro autonomo come artigiani, commercianti e agricoltori, a vantaggio di nuove professioni come consulenti, amministratori di condominio o addetti web. 

È quanto emerge dalle elaborazioni dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre. La platea degli autonomi al 31 dicembre 2023 era di oltre 5 milioni, un numero in leggero aumento rispetto al pre-Covid ma ben lontano dai 6,2 milioni di vent’anni fa. 

Una crescita che però non è uniforme, secondo i dati dei primi 9 mesi dello scorso anno: crescono il Molise (+8,4%), la Liguria (+8,2%), la Calabria e l’Emilia Romagna (+5,6%), ma scendono Abruzzo (-4,9%), Umbria (-5,6%), Trentino Alto Adige (-8,4%) e Marche (-10,1%). 

Tra le categorie classiche, fra il 2014 e il 2022 il numero degli autonomi era sceso di 495mila unità: gli agricoltori sono diminuiti di 33.500 unità (-7,5%), i commercianti di 203.000 (-9,7%) e gli artigiani di quasi 258.500 (-15,2%). 

In questi comparti il calo è uniforme, soprattutto nelle Marche (-17,2%), in Piemonte (-15,5%), Emilia Romagna e Molise (-15,1%), Umbria (-14,9%) e Veneto (-14,8%). Il Nordest totalizza un -14,1%, poi il Nordovest (-14%), il Centro (-12,5%) e infine il Mezzogiorno (-6,9%). 

Secondo la Cgia, comunque, il trend positivo registrato dallo stock di lavoratori autonomi negli ultimi tre anni è sicuramente ascrivibile alla ripresa post Covid e all’introduzione del regime forfettario per ricavi inferiori a 85mila euro. 

Non è però da escludere che la crescita corrisponda alle “false” partite Iva, probabilmente grazie al boom dello smart working, anche se stimato attorno alle 500mila unità.