Lavoro domenicale: necessario trattamento aggiuntivo anche in assenza di regolamentazione collettiva
Tizio, dipendente in una società appaltatrice di servizi di pulizia, con mansione di pulitore turnista, a cui era applicato il Ccnl Multiservizi e operante presso un aeroporto chiedeva al datore di lavoro una maggiorazione del 30% dell’ordinaria retribuzione giornaliera, per il lavoro prestato di domenica.
Analizziamo dunque i profili normativi e giurisprudenziali di tale fattispecie casuale anche alla luce della regolamentazione collettiva.
CONTESTO NORMATIVO
Come noto, il richiamo alla “penosità” del lavoro domenicale dev’essere inteso, non tanto nel senso dello sforzo fisico – se del caso, remunerato con le dovute maggiorazioni per il lavoro straordinario, ove si eccedesse la prestazione ordinaria – quanto nell’implicazione psichica, coinvolgendo, sotto un diverso ma convergente profilo, il diritto costituzionale al c.d. riposo settimanale. Del resto, così come afferma – da ultimo –l’articolo 9, comma 1, D.Lgs. 66/2003 la domenica rappresenta il giorno in cui viene effettuato, di norma, il riposo settimanale. La disposizione precisa, infatti, che:
“Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni”.
In questa prospettiva, la disposizione reca il duplice scopo di salvaguardare sia l’interesse individuale sia quello sociale-collettivo, atteso che, proprio nel giorno della domenica si sviluppano, in maniera particolare, tutte le forme di aggregazione con le più svariate finalità: si pensi alle manifestazioni sportive, sociali, culturali, politiche, sindacali, spirituali e così via.
Come si è già osservato, del resto, è la stessa Carta costituzionale che, all’ articolo 36, comma 3, stabilisce enfaticamente il principio della irrinunciabilità al riposo settimanale, tanto da qualificarlo quale un “diritto” alla stessa stregua dell’articolo 2109, cod. civ., che ne individua la fruizione “di regola in coincidenza con la domenica”, così come poi ribadito dall’articolo 9, D.Lgs. 66/2003.
È opportuno annotare altresì che, per effetto delle disposizioni dettate dal D.L. 112/2008, come convertito dalla L. 133/2008, il riposo settimanale consecutivo è “calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”, alla luce di una maggior flessibilità normativa che non ha investito il principio della consecutività delle 24 ore di riposo e di cumulo con il riposo giornaliero sanciti dall’articolo 9, comma 1, D.Lgs. 66/2003, per cui è ammessa la deroga unicamente a fronte di una determinata casistica.
Per quanto riguarda l’aspetto economico è la L. 260/1949 che, qualificando all’articolo 2 le domeniche come giorni festivi, all’articolo 5, comma 2, prevede che ai lavoratori che prestino la loro opera nelle suindicate festività sia dovuta, oltre alla normale retribuzione globale, di fatto, giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate con la maggiorazione per il lavoro festivo.
Come si potrà notare, la disposizione, nelprevedere l’obbligo di corresponsione della maggiorazione, non ne qualifica l’entità, imponendo l’intervento della giurisprudenza.
IMPLICAZIONI
Nella questione oggetto di approfondimento, Tizio, dipendente in una società appaltatrice di servizi di pulizia, con mansione di pulitore turnista, a cui era applicato il Ccnl Multiservizi e operante presso un aeroporto chiedeva al datore di lavoro una maggiorazione del 30% dell’ordinaria retribuzione giornaliera, per il lavoro prestato di domenica.
Dalla lettura dell’articolo 40, Ccnl Multiservizi, si osserva che la disposizione, nel precisare che il riposo settimanale deve cadere normalmente di domenica, salvo le eccezioni di legge, afferma, tuttavia, che, per i lavoratori per i quali è ammesso il lavoro nei giorni di domenica con riposo compensativo in altro giorno della settimana, la domenica è considerata giorno lavorativo, mentre viene considerato festivo a tutti gli effetti il giorno fissato per il riposo compensativo.
Secondo la fonte contrattuale, qualora per esigenze di servizio la giornata di riposo compensativo dovesse essere spostata in un altro giorno della settimana, non previsto dal turno di servizio prestabilito almeno 6 giorni prima – sempre che tale spostamento non comporti il superamento del limite di 6 giornate di ininterrotta prestazione – il lavoratore avrà diritto a un’indennità pari al 7% della retribuzione base di una giornata lavorativa.
Per i lavoratori che svolgono le loro prestazioni in 5 giornate lavorative, è considerato giorno di riposo settimanale il secondo giorno di riposo.
Come si può osservare, così come avviene nella generalità dei contratti collettivi, il giorno di riposo settimanale, coincidente con la domenica, laddove lavorato, può essere spostato in un giorno della settimana successiva.
Da questo deriva che il lavoratore, il quale presti la propria attività nella giornata di domenica, è portatore del diritto, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad essere in ogni caso compensato, per la sua particolare penosità, con un quid pluris, che, per tutta evidenza, non può trovare riscontro nel semplice slittamento del riposo ad altro giorno successivo.
RISOLUZIONE SECONDO NORMA
Come abbiamo avuto modo di delineare nel corso dell’approfondimento, il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, dev’essere in ogni caso compensato con un quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può essere determinato dal giudice e può consistere anche in benefici non necessariamente economici, salva restando l’applicabilità della disciplina contrattuale collettiva più favorevole.
Del resto, come affermato dalla Cassazione nella citata sentenza n. 2610/2008:
“La prestazione effettuata nel settimo giorno consecutivo di lavoro, con riposo compensativo ricadente nel giorno successivo, esige, per la sua particolare onerosità, uno specifico compenso che, trovando causa nello stesso rapporto di lavoro, ha natura retributiva e non risarcitoria o di indennizzo, ed è differenziato da quello – pure spettante – del lavoro prestato nel giorno di domenica; alla sua determinazione – in mancanza di una espressa previsione del contratto collettivo – provvede il giudice sulla base di una motivata valutazione che tenga conto dell’onerosità dellaprestazione lavorativa ed applicando come parametro anche eventuali forme di retribuzione normativamente previste per istituti affini, quale il compenso del lavoro domenicale”.
Il suddetto quid pluris emerge chiaramente da quanto espresso in un passaggio delle SS.UU. della Cassazione, laddove, con la sentenza n. 10513/1991, si precisa che:
“nelle articolate previsioni della contrattazione collettiva, il corrispettivo del disagio o della penosità derivante da particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non sempre è costituito da una indennità specifica e diretta, ma è sovente rappresentato da vantaggi nel trattamento normativo, non meno rilevanti sul piano concreto, specie quando si traducano – come nell’ipotesi di concessione di un maggior numero di riposi annuali retribuiti – anche in un beneficio economicamente apprezzabile, non potendosi negare consistenza patrimoniale ad una pattuizione in forza della quale le giornate o i tempi di lavoro risultano ridotti, senza una corrispondente riduzione della retribuzione”.
Ne deriva, quindi, che è ritenuta legittima la rilevanza di “altri benefici” (e, in particolare, della fruizione di un maggior numero di riposi annuali) in alternativa alla previsione contrattuale di un “compenso proprio”, specificamente riferito alla prestazione domenicale. In sostanza, il principio
secondo cui il diritto del lavoratore “turnista” ad essere compensato per la particolare penosità del lavoro svolto nelle giornate di domenica può essere soddisfatto non solo mediante l’erogazione di un “supplemento di paga”, specificamente riferito a tale prestazione e determinato nel suo ammontare, ma anche – indirettamente – con l’attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, che valgano a “differenziare” il loro complessivo trattamento economico normativo rispetto a quello dei lavoratori che usufruiscono del riposo domenicale.
RISOLUZIONE CASO PRATICO
Nella vicenda in oggetto dunque, è ben chiaro che il lavoratore che opera di domenica ha comunque diritto a un quind pluris per compensare la maggiore penosità del lavoro, a nulla rilevando l’eventuale mancata previsione al riguardo della contrattazione collettiva a titolo di natura economica o di altri vantaggi volti a comprimere la prestazione quali i riposi aggiuntivi.
Invero il fatto che la contrattazione collettiva non abbia previsto espressamente alcuna maggiorazione in forma indennitaria o salariale per i pulitori turnisti operanti presso l’aeroporto non è qualificabile come conseguenza di una volontà delle parti collettive diretta ad escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall’ordinamento ai lavoratori domenicali.