Lavoro: negli ultimi 30 anni salari reali aumentati solo dell’1%
Il Rapporto Inapp 2023 indica che tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono rimasti praticamente stabili, con una crescita dell’1%, a differenza dei Paesi dell’area Ocse dove sono cresciuti in media del 32,5%. Nel 2020, durante la pandemia da Covid-19, si è verificato un calo del -4,8%, rappresentando la differenza più ampia rispetto alla crescita dell’area Ocse, che è stata del -33,6%. La scarsa produttività è un problema correlato, con un divario massimo nel 2021 pari al 25,5%.
L’invecchiamento della popolazione in Italia è in sintonia con quello della forza lavoro. Nel 2002, ogni 1.000 persone tra 19 e 39 anni erano poco più di 900, mentre nel 2023 superano le 1.400 unità. Ci sono ora 1.900 lavoratori adulti-anziani ogni 1.000 lavoratori di 19-39 anni. La pubblica amministrazione è il settore con i lavoratori più anziani, seguito da quello finanziario e assicurativo.
Il rapporto evidenzia che il 14,6% degli occupati tra i 18 e i 74 anni (oltre 3,3 milioni di persone) ha pensato di dimettersi. Di questi, l’1,1% lo farebbe anche con una riduzione del tenore di vita, mentre il 13,5% lo farebbe solo se trovasse altre entrate economiche. Le persone con un diploma mostrano la quota più alta di intenzione di dimettersi (18,9%), con una diminuzione al crescere dell’anzianità anagrafica e delle dimensioni del comune di residenza. I dipendenti del settore privato, operanti in organizzazioni di media dimensione e che svolgono attività in imprese private, sono più propensi a volersi dimettere. Nel settore pubblico, l’1,5% dei lavoratori lo farebbe anche in caso di riduzione del tenore di vita. Il desiderio di cambiare occupazione è più alto per coloro che svolgono lavori faticosi e poco soddisfacenti.