Stato di ubriachezza sul luogo di lavoro tra Normativa attuale e prospettive di Riforma

Mevio, responsabile del personale dell’azienda di logistica e trasporto “ Veloci e sicuri”, nota che in magazzino durante l’orario di lavoro, Flavio addetto al traporto, vaga  per i locali in evidente stato di ubriachezza e, inciampando in un macchinario, cade rovinando al suolo.

Mevio, avendo assistito alla scena accorre mentre Flavio sollazzandosi per l’episodio a lui stesso capitato, tenta di rialzarsi incolume.

Sinceratosi che Flavio sia rimasto illeso, Mevio espone il tutto alla direzione aziendale  che, seppur sollevata del mancato infortunio, preoccupandosi della possibile ripetizione di eventi similari e non più immuni da conseguenze per la salute del lavoratore, chiede il consulto ad un professionista onde individuare la linea da seguire richiedendo delucidazioni anche su eventuali responsabilità datoriali per infortunio occorso ad un dipendente in manifesto stato di ubriachezza durante l’orario di lavoro.

Cenni di introduzione alla trattazione

Nella prima parte della trattazione  del caso del mese di giugno, si esamineranno  gli aspetti normativi relativi ai principi afferenti la sorveglianza sanitaria in particolare per alcol e droghe esaminando le ipotesi di riforma in riferimento alla differenza tra la precedente disciplina e la nuova.

Particolare rilievo assumerà nell’elaborato la disamina dell’incidenza dello stato di  ubriachezza   su un eventuale infortunio analizzando i risvolti giurisprudenziali e le interpretazioni su un tema tanto complesso quanto rilevante in ambito giuslavoristico.

Nella seconda parte si porranno in luce le implicazioni conseguenti dalla interazione dei principi normativi al caso pratico per poi esaminare le ipotesi risolutive del caso pratico e le risoluzioni in riferimento alle eventuali responsabilità datoriali in caso di infortunio del dipendente sul luogo di lavoro.

CONTESTO NORMATIVO

Sorveglianza sanitaria per alcol e droghe

 In riferimento alla sorveglianza sanitaria il D.Lgs.vo 81/08 ha previsto espressamente all’art. 41, comma 4, l’obbligo di effettuare la sorveglianza sanitaria finalizzata alla verifica della assenza di condizioni di alcoldipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
 In particolare l’obbligo riguarda, per l’alcol, l’accertamento dello stato di alcoldipendenza, mentre per le sostanze stupefacenti e psicotrope anche la sola assunzione sporadica: sarà poi il SERT, se del caso, ad accertare se si tratta di uso occasionale, abituale o tossicodipendenza.

Con riferimento alle problematiche legate all’alcol abbiamo, ad oggi quindi due norme contemporaneamente vigenti: la legge 125 del 2001 (“Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati”);il Decreto Legislativo 81/08 (art. 41 comma 4).

Le due norme, pur trattando dello stesso tema (problemi legati all’alcol) disciplinano, con riferimento ai lavoratori, due aspetti differenti: Assunzione anche sporadica di alcol (legge 125/01); Alcoldipendenza (D.Lgs.vo 81/08).

Attualmente  sussistono normative diverse in materia di alcol e droghe in ambito lavorativo a seconda dell’individuazione dei soggetti obbligati.

Più precisamente per l’assunzione di alcol si fa riferimento alle mansioni di cui all’Allegato “I” dell’Intesa Conferenza Stato Regioni del 16 marzo 2006, per l’ assunzione di droghe e/o sostanze psicotrope all’allegato “I” del Provvedimento del 30 ottobre 2007.

Tutto questo comporta quindi l’applicazione di  metodologie non immediatamente ed automaticamente tra loro sovrapponibili né assimilabili e pertanto alla luce di ciò si è resa necessaria una rivisitazione e semplificazione delle procedure di accertamento.

A tal proposito  infatti il 20 novembre scorso il Ministero della Salute ha emesso lo schema di intesa per la prevenzione di infortuni causati da assunzione di alcol e droghe allo scopo di fornire un quadro unitario in riferimento al campo di applicazione  e al processo di accertamento delle  suindicate infrazioni.

Non ci sarà più distinzione di categorie, come attualmente in essere, tra gli elenchi ” alcol”  e “droghe”, ma un unico elenco comprendente varie mansioni e per tutti i soggetti indicati  sarà pertanto vietato assumere alcolici e sostanze stupefacenti durante l’orario di lavoro, o meglio non dovranno essere rilevabili tracce di alcol e sostanze stupefacenti durante l’orario di lavoro.

Infine nello schema di intesa è precisato che i  test non potranno più essere effettuati in laboratorio sia per la matrice biologica utilizzata sia per le tempistiche del responso: occorre infatti un risultato immediato in quanto il lavoratore positivo non può riprendere il turno lavorativo.

Come accennato in precedenza, ad oggi, in attesa di uno schema di intesa unitario in riferimento alle conseguenze in caso di assunzione di droghe e alcol sul luogo di lavoro sussistono distinte discipline normative in relazione alle due fattispecie in oggetto.

Pertanto occorre esaminare gli aspetti peculiari di tali normative per meglio comprenderne l’intento unificatore del Legislatore.

Droga e lavoro: obblighi del datore di lavoro,  dei lavoratori e del medico competente

In riferimento alla disciplina normativa afferente l’assunzione di stupefacenti, sostanze  tossicodipendenti e psicotrope occorre esaminare preliminarmente le responsabilità  del lavoratore e del datore e i relativi adempimenti del medico competente.

Posto che il lavoratore non debba assolutamente assumere sostanze stupefacenti o psicotrope, egli deve rendersi disponibile  agli accertamenti da parte del medico competente sia in fase di pre-affidamento della mansione, sia nei casi di accertamento periodico  che per ragionevole dubbio che in quelli di accertamento  dopo un incidente  e al rientro al lavoro dopo la sospensione per esito positivo.

In caso di esito positivo il lavoratore può richiedere una revisione dell’analisi, con oneri a proprio carico, mediante formale richiesta da inviare al medico competente, entro 10 giorni dalla comunicazione del giudizio di inidoneità temporanea e nel caso di diagnosi di tossicodipendenza, per essere riammesso all’esercizio delle mansioni egli inoltre dovrà sottoporsi ad un programma terapeutico individualizzato.

Nella normativa di riferimento è inoltre precisato che il lavoratore può usufruire fino a 3 anni della conservazione del posto di lavoro per accedere a programmi di recupero  usufruendo di un’aspettativa non retribuita in base  al CCNL di riferimento di applicazione del relativo contratto di lavoro.

Specifici obblighi sono poi previsti a carico del datore di lavoro che dovrà trasmettere al medico competentel’elenco dei nominativi dei lavoratori sottoposti a controllo tossicologico  periodicamente e tempestivamente aggiornato e con frequenza minima annuale.

Il datore è inoltre onerato alla trasmissione dell’Istruzione Operativa ad ogni lavoratore, in modo da informarlo in merito alle modalità di verifica; egli dovrà concordare con il medico competente il calendario degli accertamenti e comunicare la data di esecuzione degli accertamenti non più di un giorno prima dell’esecuzione dell’accertamento stesso; in caso di accertamento di secondo livello al Ser.T., lo comunicherà al lavoratore il giorno stesso, prima di inizio turno lavorativo e sosterrà le spese per l’esecuzione degli accertamenti di primo e di secondo livello.

Nella normativa attuale di riferimento è poi specificato che il datore può sospendere temporaneamente il lavoratore dallo svolgimento della mansione a rischio nel rispetto della privacy e della dignità della persona e riconvocarlo entro 10 gg.

Il medico competente non è esonerato dal rispetto di determinati obblighi: egli infatti deve stabilire il cronoprogramma per gli accessi dei lavoratori agli accertamenti, definendo date e luogo di esecuzione degli stessi in accordo con il datore di lavoro. L’esecuzione degli accertamenti non dovrebbe, di regola, coincidere con le scadenze dell’abituale sorveglianza sanitaria.

Il medico competente è  responsabile inoltre  della raccolta del campione biologico che, nel rispetto della dignità della persona e della riservatezza personale, andrà effettuato a vista, al fine di poterne garantire identità, autenticità e integrità e potrà ricorrere, sotto la sua diretta responsabilità e formale delega, ad altro personale sanitario, per eseguire la raccolta a vista del campione biologico l-aliquotazione e l-apposizione dei sigilli sui contenitori.

Egli inoltre è  responsabile della custodia, conservazione dei campioni e trasporto, fino alla loro consegna presso il laboratorio di analisi, che ne assume la responsabilità e può inviare i lavoratori direttamente presso strutture autorizzate che provvederanno ad assicurare la corretta esecuzione della raccolta del campione biologico e la catena di custodia dei campioni raccolti, fino alla consegna al laboratorio di analisi.

In caso di negatività il medico  comunica per iscritto, al datore e al lavoratore,  il giudizio di idoneità alla mansione in assenza di altre controindicazioni; in caso di positività informa il lavoratore della possibilità di richiedere una revisione dell’analisi, mentre in caso di positività confermata comunica per iscritto al datore e al lavoratore il giudizio di temporanea inidoneità alla mansione e invierà il  lavoratore alla struttura sanitaria competente (Ser.T.) per gli accertamenti di secondo livello.

Alcol e lavoro: obblighi del datore di lavoro, dei lavoratori e del medico competente

Come anticipato tra i riferimenti normativi che disciplinano i compiti,  le responsabilità e  le modalità per l’esecuzione dei controlli nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l-incolumità o la salute dei terzi in riferimento al divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, la verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e la gestione dei singoli casi di lavoratori in sospetto o evidente stato di intossicazione da alcol sono da annoverarsi tra gli altri anche la Legge n. 125 del 2001 e il d.lgs 81 del 2008.

 In particolare la legge 125/01, all’art. 15, ha disposto che nelle attività lavorative ad alto rischio di infortunio, ovvero in cui diventa rilevante il problema di garantire la sicurezza di terzi, è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. L’elenco delle attività è stato specificato dall’Intesa Stato Regioni del 16 Marzo 2006, e comprende numerose categorie professionali per i quali è previsto il divieto di bere alcolici: divieto non limitato, come spesso si pensa, all’orario di lavoro ma esteso al periodo precedente l’inizio dell’attività lavorativa  e alla relativa pausa pranzo.

La legge 125/01 ha stabilito anche che il medico competente (ed i medici dell’ASL) effettuano test alcolimetrici sui lavoratori interessati, che devono avere esito del tutto negativo.

Particolari compiti e responsabilità sono previsti per il lavoratore, il datore di lavoro e il medico competente.

Il lavoratore in particolare non deve in alcun modo assumere bevande alcoliche e superalcoliche durante l’attività lavorativa, nonché nel periodo precedente l’inizio, la relativa pausa pranzo e nei turni di reperibilità, tenendo in considerazione i tempi che l’organismo impiega per lo smaltimento dell’alcol (2 ore circa per smaltire 1 unità alcolica).

 Egli inoltre è  consapevole che il proprio tasso alcolimetrico nei periodi sopra esplicitati deve essere pari a 0 ed è disponibile a sottoporsi agli accertamenti da parte del medico competente.

Nella normativa attuale di riferimento è inoltre previsto che il lavoratore ha il dovere di informare il  preposto, il responsabile di cantiere e il medico competente di eventuale assunzione di farmaci particolari (ovvero tali da poter inibire le capacità lavorative e di concentrazione) in modo da poter essere valutata correttamente la propria abilità alla mansione.

 Egli inoltre può richiedere a sue spese, eventuali controanalisi entro 10 giorni dalla comunicazione della positività del test di conferma, che sono eseguite dal laboratorio di riferimento regionale, alla presenza del lavoratore  stesso ed eventualmente di un legale e/o consulente tecnico di fiducia.

Il lavoratore inoltre può ricorrere, entro 30 giorni dalla data di avverso giudizio espresso dal medico competente, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso e nel caso di diagnosi di dipendenza, per essere riammesso all’esercizio delle mansioni lavorative a rischio,  dovrà sottoporsi  ad un programma terapeutico individualizzato.

Il datore di lavoro provvederà, in collaborazione con il medico competente  e il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione alla valutazione e gestione del rischio legato all’assunzione di alcol e  provvederà, in collaborazione con il predetto responsabile e il medico competente all’elaborazione di proposte di programmi ed azioni di promozione della salute nell’ambito delle attività di informazione e formazione.

Egli inoltre segnalerà in forma scritta, in via cautelativa e riservata, al medico competente, eventuali elementi che facciano pensare ad un consumo di alcol in forma acuta da parte del lavoratore e sosterrà  i costi dei controlli nell’aria espirata, del prelievo, della misurazione dell’alcolemia nel sangue e di una eventuale consulenza specialistica algologica con relativi accertamenti.

Specifichi obblighi sono poi previsti a carico del medico competente che collabora con il datore di lavoro e il  Responsabile del servizio di prevenzione e protezione  alla valutazione e gestione del rischio legato all’assunzione di alcol e all’elaborazione di proposte di programmi ed azioni di promozione della salute nell’ambito delle attività di informazione e formazione.

Nella normativa attuale è poi  previsto che lo stesso medico competente istituisca il Protocollo sanitario da adottare per la valutazione alcolemica tramite etilometro e per la sorveglianza sanitaria delle attività lavorative ad elevato rischio infortuni, esegua le prove alcolimetriche tramite etilometro e ne registri i dati nelle cartelle sanitarie personali inserendo i risultati degli accertamenti, anonimi e collettivi, nella relazione sanitaria annuale.

 Il medico competente dovrà poi informare il lavoratore sottoposto a controllo dei risultati degli accertamenti effettuati, del loro significato clinico e delle conseguenze che questi comportano relativamente alla sua attività lavorativa, verificherà le segnalazioni pervenute dal datore di lavoro in forma scritta e provvederà a verificarne la fondatezza e, se del caso, a riprogrammare la sorveglianza sanitaria effettuando una visita periodica anticipata.

Qualora vi sia una positività o un rifiuto del lavoratore a sottoporsi al test con etilometro,  egli dovrà avvisare il datore  o suo delegato in modo che siano attuati i provvedimenti del caso e in caso di positività ai test alcolimetrici di conferma, invierà  il lavoratore ai Servizi del Dipartimento di Patologia delle Dipendenze (DPD) delle ASL del territorio aziendale o preferibilmente a quello di residenza del lavoratore stesso.

Alcol e droghe sul lavoro: come cambierà a breve la normativa

Come anticipato nella parte introduttiva della  trattazioneil 20 novembre scorso il Ministero della Salute ha trasmesso alla Conferenza Unificata Stato-Regioni lo schema di intesa “Indirizzi per la prevenzione di infortuni gravi e mortali correlati all-assunzione di alcolici e di sostanze stupefacenti, l-accertamento di condizioni di alcol dipendenza e di tossicodipendenza e il coordinamento delle azioni di vigilanza”, tale schema dovrà  ora essere calendarizzato e poi approvato.

In attesa della suddetta approvazione si intendono sintetizzare gli aspetti maggiormente importanti che andranno ad unificare la normativa prevista per l’assunzione di stupefacenti e quella per l’assunzione di alcolici.

Come preannunciato infatti non ci sarà più distinzione, come attualmente in essere, tra elenchi ” alcol” e “droghe” ma si stilerà  un unico elenco comprendente le varie categorie di soggetti ai quali si applicherà la normativa unificata, e le aziende ove operano le suddette mansioni dovranno attuare dei piani informativi ai lavoratori, mettere a disposizione dei lavoratori (ma non è un obbligo) test rapidi riguardo al tasso alcolemico, attivare i controlli per mezzo del medico competente.

Almeno 1 volta ogni 3 anni tutti i lavoratori suddetti dovranno poi essere visitati dal medico competente che prevederà un-anamnesi ed un esame obiettivo specifico e nel caso di sospetto abuso alcolico potranno essere effettuati esami ematochimici della funzionalità epatica, emopoiesi (MCV, gammagt, transaminasi).

Nel caso di sospetta tossico-alcoldipendenza possono essere richiesti test sul capello e/o avviati test rapidi a sorpresa al momento della visita. Tali test possono essere anche avviati su richiesta del datore di lavoro al medico competente.

Quindi, alla visita medica, effettuata dal medico competente almeno ogni 3 anni, non necessariamente egli effettua il drug/alcol test ma solo se c-è un sospetto, però. indipendentemente da quanto citato sopra, i test rapidi a sorpresa saranno effettuati ogni anno su almeno il 10% delle suddette mansioni, con modalità casuale.

Nello schema di intesa è previsto inoltre che nei casi di lavoratori difficilmente intercettabili con il test a sorpresa (come possono essere quelli che escono dall-azienda per la guida di mezzi) sarà ammesso il test urinario con preavviso massimo di 48 ore (garantito al lavoratore) e tale scelta dovrà essere motivata nel piano sanitario.

In caso di positività all-etilometro superiore a 0,3 g/l, non sarà  possibile l-ammissione del lavoratore alla prestazione lavorativa fino a che il tasso alcolemico sia  sceso a 0 g/l. La positività alle droghe invece comporta l-astensione dal turno. Quindi il lavoratore sarà sottoposto a controlli a sorpresa (monitoraggio individuale) a discrezione del medico competente e potrà essere inviato, se ci sono elementi, ad effettuare test del capello per confermare pregresse assunzioni presso il Ser.T. o i Servizi Alcologici) e giudicato temporaneamente non idoneo alla mansione ed adibito, ove possibile, a mansione diversa e se l-esame presso i Servizi Pubblici sarà negativo per condizione di dipendenza da droghe o abuso alcolico, sarà riammesso al lavoro.

Pare chiaro che i test non potranno più essere effettuati in laboratorio sia per la matrice biologica utilizzata (aria espirata per l-alcol e saliva per le sostanze stupefacenti), sia per l-immediatezza del risultato: occorrerà infatti un risultato immediato in quanto il lavoratore positivo non potrà riprendere il turno lavorativo.

Occorrerà poi nell’applicazione concreta di tali procedure  capire quali strumenti rapidi utilizzare che sicuramente dovranno essere dotati di stampa oggettiva dell-esito.

Implicazioni conseguenti alla interazione dei principi normativi in relazione al caso pratico

Nel caso oggetto di approfondimento Mevio responsabile del personale di un’azienda di logistica e trasporto ha notato che Flavio, addetto al trasporto durante l’orario di lavoro vagava per i locali aziendali in evidente stato di ebbrezza e pur inciampando su un macchinario rimaneva illeso.

Mevio esponeva tutto alla direzione  che preoccupata per l’accaduto richiedeva delucidazioni in riferimento alla responsabilità datoriale in caso di eventuale infortunio occorso al dipendente.

Un lavoratore ubriaco o alcolista può diventare un rischio per l’azienda e mettere a rischio la salute e la sicurezza dei colleghi di lavoro. Ad esempio in un processo industriale complesso e altamente tecnologico, una disattenzione può causare anche incidenti mortali.

Infatti, che ci sia una correlazione stretta tra l’assunzione di alcool sul lavoro e gli incidenti è ormai un dato di fatto e l’Inail ha stimato che tra un minimo di 4 fino a 20 incidenti su 100 siano da ascrivere a questa causa, una percentuale che naturalmente varia a secondo dei settori lavorativi e può essere massima quando il lavoratore debba lavorare in altezza, condurre veicoli e utilizzare macchinari che richiedono alta concentrazione e riflessi pronti fino ad un minimo nel caso di un lavoratore che passo il suo tempo seduto, ad esempio impiegato ad un terminale.

Inoltre non va trascurato il fatto che questa potrebbe anche essere la causa di una parte degli incidenti che avvengono in itinere, cioè nel tragitto casa – lavoro – casa.
Alla luce di queste considerazioni più volte la giurisprudenza italiana ha affermato che se un lavoratore è visibilmente ubriaco può essere pericoloso, per sè e per gli altri, e pertanto il datore di lavoro, il dirigente o il preposto devono prendere le necessarie misure per allontanarlo o sospenderlo dall’attività fino a che non sia sobrio e quindi affidabile: il fondamento giuridico di tale dovere, risiede nell’art. 18, comma 1, lett. C del D.Lgs 81/2008. 

Qui si precisa che il datore di lavoro e i dirigenti devono, nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza e per lo stesso principio devono impedire ad un lavoratore ubriaco di iniziare a lavorare e, se questi sta già lavorando, sospenderlo potendo in tal caso adottare le norme disciplinari dell’azienda.
Ed è proprio questo che è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19361/2010 della sezione lavoro concludendo che rientra nella giusta causa il licenziamento di un lavoratore sorpreso a svolgere le sue mansioni in stato di ebrezza.

A  tal proposito gli Ermellini hanno precisato che la gravità del fatto contestato in relazione alla recidiva non consentiva più la prosecuzione del rapporto lavorativo al punto da irrogare una giusta causa di licenziamento.

La Suprema Corte in altra sentenza la n. 36272 del 20 settembre 2012 ha sentenziato che una condotta confusionale da parte del lavoratore per effetto dell’ebbrezza alcolica equivale a un comportamento imprudente del lavoratore, per fronteggiare il quale l’obbligo prevenzionistico è posto comunque a carico del datore di lavoro.

La Corte di Cassazione in tale pronuncia ha affrontato quindi il tema riguardante la individuazione della responsabilità nel caso in cui vittima di un infortunio sia un lavoratore in stato di ebbrezza alcoolica precisando che il legislatore, con il D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., ha posto a carico del datore di lavoro di verificare mediante una apposita visita medica l’assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti (art. 41 comma 4 secondo periodo).

Secondo la stessa Corte pertanto una condotta maldestra, inavvertita, scoordinata e confusionale da parte del lavoratore dovuta ad uno stato di ebbrezza alcolica equivale, ai fini dell’individuazione delle responsabilità nel caso di infortunio sul lavoro,  ad un comportamento imprudente del lavoratore stesso per fronteggiare il quale l’obbligo prevenzionistico è posto comunque a carico del datore di lavoro.

Per il datore di lavoro scatta la condanna per omicidio colposo nel caso in cui un lavoratore ubriaco si fa male e ha un incidente mortale durante il lavoro. A dirlo è la Cassazione in una recente sentenza la n. 38129 del 2013.

In tale pronuncia la Corte ha precisato che il fatto che un dipendente possa recarsi sul posto di lavoro dopo aver assunto sostanze alcoliche non è un evento così eccezionale da essere imprevedibile e sottratto all’obbligo di controllo da parte del datore di lavoro.

 Pertanto  il datore è tenuto a una regola di prevenzione dei rischi, che gli impone di eseguire controlli sul lavoratore onde assicurare che questi non sia presente al lavoro dopo aver assunto alcolici.

A sostegno di tale argomentazione la Corte ha precisato che peraltro la legge  n. 125/2001 ha vietato la somministrazione e l’assunzione sul posto di lavoro di bevande alcoliche, sia pure limitatamente alle attività che comportano un maggiore pericolo di incidenti.

 Nella sentenza gli Ermellini hanno evidenziato che il datore di lavoro è tenuto alla sorveglianza sanitaria per accertare le condizioni di alcoldipendenza con tanto di allegato, che prende in esame l’uso di alcolici sul lavoro, ciò ai sensi dell’art. 41 del decreto legislativo 81/2008.

 C’è, dunque, quanto basta per affermare il dovere di verificare che il lavoratore sia nelle condizioni psicofisiche idonee a svolgere il suo ruolo.

La Corte Suprema, pur mettendo in evidenza che dal panorama dottrinario e giurisprudenziale non è possibile trarre indicazioni univoche e persuasive in ordine alle risposte da offrire al quesito se la valutazione dei rischi debba contemplare anche quelli connessi alle abitudini sociali e/o individuali del lavoratore e, in caso affermativo, se ciò valga oltre che per l-alcoldipendenza (che solo in taluni casi è oggetto di sorveglianza sanitaria) anche per la sola assunzione di sostanze alcoliche, ha inteso a proposito rammentare la tesi della riconducibilità al novero dei rischi oggetto di valutazione, ai sensi dell-art. 28 comma 1 d.lgs. n. 81/2008, anche di quello connesso all-assunzione di alcolici da parte del lavoratore, ricordare ancora la previsione dell-art. 15 della legge n. 125/2001, che vieta la somministrazione e l-assunzione sul lavoro di bevande alcoliche e superalcoliche sia pure nelle sole attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l-incolumità o la salute dei terzi, e ha ricordato inoltre che l-art. 41 comma 4 D. Lgs. n 81/2008 ha previsto la sorveglianza sanitaria diretta all-accertamento di condizioni di alcoldipendenza e di tossicodipendenza.

La Corte in particolare ha disposto che il datore di lavoro ed il dirigente nell-affidare i compiti ai lavoratori deve tenere conto della capacità e delle condizioni degli stessi, in rapporto alla loro salute e alla sicurezza con l-obiettivo di assicurare che il lavoratore sia in condizioni che permettano lo svolgimento in sicurezza dell-attività lavorativa.

Risoluzione caso pratico

Alla luce delle  premesse normative e delle varie considerazioni esposte in precedenza pertanto è da ritenersi  che nel caso sottoposto al nostro esame il dipendente Flavio addetto al trasporto nell’azienda di logistica e trasporto “Veloci e sicuri” si è esposto ad una valutazione aziendale di risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa.

La circostanza, infatti, che durante l’orario di lavoro, sia stato sorpreso in evidente stato di ubriachezza tanto che, solo fortunosamente, non si è incorso in un infortunio, denota il venir meno dei doveri di correttezza e diligenza e fiducia nell’esecuzione del contratto di lavoro, la conseguenza esposizione all’esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro.

In tali ipotesi infatti, un lavoratore ubriaco o alcolista può diventare un rischio per l’azienda e mettere a rischio non solo  la propria salute ma anche  quella dei colleghi di lavoro.

Tale rischio si intensifica in particolare nei processi industriali complessi in cui  è richiesta massima concentrazione e attenzione ed in cui anche una piccola disattenzione può rivelarsi fatale  e causare incidenti mortali.

La giurisprudenza italiana in riferimento a tale tematica è alquanto unanime nel ritenere applicabile  a tale forma comportamentale il licenziamento per giusta causa (vedi tra le altre, sentenza n. 19361/2010)

Il fondamento giuridico di tale licenziamento risiede infatti oltre che nella lesione del vincolo fiduciario che è posto alla base di ogni tipo di rapporto di lavoro subordinato altresì nell’art. 18 comma 1 lett c del D.lgs 81/2008.

In tale norma infatti è precisato che il datore di lavoro e i dirigenti devono, nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità  e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza e, in base allo stesso principio, devono impedire ad un lavoratore ubriaco di iniziare a lavorare e se questi già sta lavorando, sospenderlo e applicare così tutte le norme disciplinari rimesse in facoltà dell’azienda.

L’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori in particolare indica la procedura e i limiti da osservare per la contestazione ad un lavoratore degli illeciti disciplinari compiuti dal lavoratore stesso e per le irrogazioni delle sanzioni stesse.

Nel caso di specie, pertanto, non potrà non osservarsi la specifica procedura contemplata dalla previsione legislativa sopra richiamata, prevedente la necessaria e preventiva contestazione dell’addebito al dipendente Flavio con contestuale invito alla presentazione di controdeduzioni, al fine di valutare le stesse, anche nell’ambito delle previsioni specifiche della contrattazione collettiva, onde addivenire all’applicazione di un possibile provvedimento espulsivo.

Ribadiamo  inoltre che nel caso di specie l’episodio di cui si è reso protagonista Flavio non ha comportato conseguenze in riferimento alla salute dello stesso: egli infatti è rimasto illeso  e la direzione aziendale è rimasta sollevata per il mancato infortunio.

 A quali responsabilità sarebbe stato soggetto il datore di lavoro nel caso in cui l’infortunio si fosse realmente verificato a seguito di ubriachezza del dipendente durante l’orario di lavoro?

A tale domanda  si cercherà di offrire idonea risposta nel paragrafo successivo alla luce del contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento.

Possibili risoluzioni in caso di infortunio di un lavoratore in stato di ubriachezza sul luogo di lavoro

Il verificarsi di un  infortunio di un lavoratore in stato di ubriachezza sul luogo di lavoro comporta per  il datore di lavoro una responsabilità per omessa vigilanza e omesso controllo.

Questo è quanto è stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità in svariate pronunce ( vedi tra le altre sentenza n. 38129/2013).

Per la Suprema Corte di Cassazione il fatto che un dipendente possa andare al lavoro dopo aver bevuto non può essere considerato evento imprevedibile e conseguentemente scatta la condanna per omicidio nel caso in cui un lavoratore si faccia male e abbia un incidente mortale sul luogo di lavoro.

La condizione di ubriachezza di un lavoratore sul luogo di lavoro, ha sostenuto la Suprema Corte in tale occasione, non è circostanza eccezionale e non prevedibile per cui il datore di lavoro può rispondere per l’infortunio allo stesso accaduto pure in presenza di uno stato di ebbrezza alcolica.

 Il datore di lavoro, infatti, nell-affidare i compiti ai suoi lavoratori, deve tenere conto della loro “salute” oltre che della loro “sicurezza”.

Il datore infatti è tenuto a una regola di prevenzione dei rischi, che gli impone di eseguire i controlli sul lavoratore onde assicurare  che questi non sia presente al lavoro dopo aver assunto alcolici.

Dubbi si sono palesati inoltre in riferimento alla questione se la valutazione dei rischi debba contemplare anche rischi connessi alle abitudini sociali e individuali del lavoratore e se in tale contesto debba rientrare l’alcoldipendenza.

La Suprema Corte ha sentenziato la riconducibilità dell’assunzione di sostanze alcoliche nel novero dei rischi oggetto di valutazione ai sensi dell’art.28 comma 1 del d.lgs. 81/2008.

A sostegno di ciò la Corte ha precisato che ai sensi dell’art. 15 della legge n. 125/2001 è vietata la somministrazione e l’assunzione sul lavoro di bevande alcoliche e superalcoliche sia pure nelle sole attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l-incolumità o la salute dei terzi, e ha ricordato inoltre che l-art. 41 comma 4 D. Lgs. n 81/2008 ha previsto la sorveglianza sanitaria diretta all-accertamento di condizioni di alcoldipendenza e di tossicodipendenza.

Orbene, al riguardo, può risultare utile richiamare gli elementi indicativi nella valutazione dei rischi nella sorveglianza sanitaria per i casi di possibile assunzione di alcol che determinino una condizione di rischio nello svolgimento delle attività così come incluse nell’allegato 1 dell’ Intesa Stato- Regioni ( ragionevole dubbio).

Pertanto l’accertamento mirato verrà richiesto dal datore di lavoro al medico competente, anche su segnalazione di preposti o altri lavoratori in casi di ragionevole dubbio qualora un lavoratore presenti almeno una situazione ricadente nella fascia A che comprende:Alito “alcolico”, detenzione di alcolici in azienda / cantiere, abuso di alcolici sul lavoro od in pausa pranzo, difficoltà di equilibrio, evidente incapacità a guidare un mezzo,  addormentarsi sul posto di lavoro senza riuscire a restare sveglio anche se richiamato, tremori agli arti superiori.

L’accertamento inoltre verrà richiesto dal datore di lavoro al medico competente, anche su segnalazione di preposti o altri lavoratori qualora un lavoratore presenti almeno due situazioni ricadenti nella fascia B e almeno tre situazioni ricadenti nella fascia C.

In particolare nella fascia B rientrano: l’ incapacità  a comprendere un ordine semplice, la difficoltà a parlare, l’instabilità emotiva, il provocare incidenti-infortuni con modalità ripetute, l’assenteismo, assentarsi dal lavoro al rientro dal week-end.

Nella fascia C rientrano: la ridotta capacità ad eseguire lavorazioni fini, il calo del rendimento, la  disattenzione, i ripetuti allontanamenti dalla postazione lavorativa, la litigiosità con i colleghi di lavoro e i frequenti ritardi all’entrata.

Nel caso in cui il preposto abbia il sospetto che un lavoratore possa essere in stato di ebbrezza, anche utilizzando i requisiti indicativi di cui sopra, sospende il lavoratore dalla mansione a rischio a lui assegnata, almeno fino alla giornata successiva. Se del caso provvede a riaccompagnare il lavoratore presso la propria abitazione e/o la residenza lavorativa.

In questo caso il preposto dovrà segnalare il sospetto di quanto sopra al datore di lavoro in via cautelativa e riservata, il quale lo segnalerà in forma scritta al medico competente che provvederà a verificarne la fondatezza e, se del caso, a riprogrammare la sorveglianza sanitaria effettuando una visita periodica anticipata.

Anche nel caso di specie, ferma restando la valutazione strettamente disciplinare sulla condotta di Flavio, è evidente che ai fini dell’assolvimento dei doveri di sorveglianza sanitaria e conseguentemente anche accertativi dello status fisico e psichico del dipendente, sarà oltremodo necessaria la segnalazione al medico competente delle condizioni del lavoratore per i conseguenti ed obbligatori accertamenti sanitari.

Approvata la nuova normativa in merito, prevedente  uni schema di intesa per la prevenzione di infortuni causati da assunzione di alcol e droghe, il datore di lavoro non potrà far altro che, così come avviene in atto per le situazioni non comprese nelle lavorazioni indicate dall’accordo Stato-Regioni, richiedere alla struttura pubblica una valutazione di idoneità̀ al lavoro ex art. 5 Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori). Se il lavoratore è un alcolista o, più̀ probabilmente, un abusatore cronico, la valutazione supera l’ambito della mansione specifica e la non idoneità̀ in questi casi sarà̀ riferita all’attività̀ lavorativa in genere.

E’ evidente come verrà meno la capacità preventiva nell’ individuazione del rischio per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi, da parte del datore di lavoro, potendo quest’ ultimo attivarsi cosi come sopra indicato, solo in caso di ragionevole dubbio.

 In particolare, nelle ipotesi di infortunio di un dipendente in manifesto stato di ubriachezza durante l’orario di lavoro, data la qualificazione dello stesso come circostanza non eccezionale e prevedibile, sussiste la responsabilità del datore di lavoro da valutarsi concretamente caso per caso.

Pertanto, stanti le osservazioni ed i richiami normativi operati, per il caso sottoposto alla nostra valutazione,  fermo restando che il datore di lavoro deve rispettare gli obblighi di sorveglianza sanitaria nei confronti dei lavoratori nell’ambito delle prestazioni lavorative sottoponendo così Flavio alla necessaria sorveglianza sanitaria, la direzione aziendale  potrà riservarsi  di intimare  un licenziamento  per giusta causa all’esito di un regolare procedimento disciplinare nei confronti di Flavio sorpreso in manifesto stato di ubriachezza.