Efficacia oggettiva del contratto collettivo e praticabilità unilaterale di accordi di riduzione oraria

Gamma, azienda operante nel  settore della ristorazione, subentra ad Alfa nel servizio di mensa scolastica del comune di Teta stabilendo una riduzione oraria al personale interessato al subentro sottoponendo le condizioni di riduzione oraria ai lavoratori mediante lettera di assunzione agli stessi e ratificando la riduzione oraria successivamente nell’ambito di un accordo sindacale.
Successivamente alla sottoscrizione del verbale di accordo sindacale, i lavoratori, anche non iscritti alla O.S. stipulante, firmano il verbale di accordo sindacale.
A distanza di un anno dalla sottoscrizione del verbale e dei contratti di assunzione individuali, i lavoratori impugnano la riduzione oraria applicata ritenendo  di dover conservare il precedente contratto individuale a tempo pieno e indeterminato che sussisteva con l’azienda Alfa, diversamente da quanto operato da Gamma in virtù dell’accordo aziendale sottoscritto con la  O.S al quale gli stessi lavoratori non avevano conferito rappresentanza.
Gamma vuole conoscere il parere di un professionista sulla fondatezza o meno delle pretese dei lavoratori.

Cenni  di  introduzione alla trattazione

Nel caso del mese di novembre si esaminerà la fondatezza o meno delle pretese dei lavoratori dell’azienda Gamma che è subentrata ad Alfa ed ha stabilito una riduzione oraria ai dipendenti che anche se non iscritti alle organizzazioni sindacali hanno  firmato il verbale di accordo sindacale.
Premessi cenni sull’efficacia oggettiva del contratto collettivo ci si soffermerà sulla praticabilità o meno degli accordi di riduzione oraria in riferimento ai contratti da tempo pieno a tempo parziale per poi esaminare le ipotesi risolutorie secondo norma ed infine prospettare una risoluzione del caso pratico.

CONTESTO NORMATIVO

L’efficacia oggettiva del contratto collettivo

Come noto nel vigente ordinamento giuslavoristico, il sistema di contrattazione collettiva è regolato dalle norme di diritto comune e dall’autonomia contrattuale, stante  la perdurante mancata applicazione dell’art. 39  seconda parte della Costituzione.
Proprio la riconduzione del contratto collettivo nella categoria del contratto di diritto comune, se da un lato ha preservato il sindacato dalla temuta attuazione del procedimento previsto dalla seconda parte dell’art.39 della Costituzione  ha anche riproposto gli stessi problemi emersi prima della parentesi corporativa.
Il contratto collettivo nella specie oltre ad essere  efficace nei confronti delle parti stipulanti nonché nei confronti dei datori di lavoro e dei lavoratori che hanno conferito mandato è di regola aperto all’adesione da parte dei non iscritti ai sindacati stipulanti che abbiano aderito alla disciplina o l’abbiano comunque recepita: da qui deriva appunto la mancanza di efficacia erga omnes degli stessi che è stata poi contemperata da interventi giurisprudenziali che hanno ritenuto che la volontà del datore di applicare il contratto collettivo possa desumersi anche attraverso fatti o comportamenti concludenti.
Sotto il profilo dell’efficacia oggettiva ossia della forza del vincolo giuridico, stante la mancanza di disposizioni nel Codice Civile che prevedano che gli atti dei sindacati abbiano efficacia superiore rispetto agli atti di autonomia privata, anche i lavoratori iscritti ai sindacati stipulanti avrebbero potuto pattuire condizioni diverse rispetto a quelle stabilite dal contratto di lavoro.
Proprio per evitare tale conseguenza la dottrina ha tentato di affermare la prevalenza del contratto collettivo sul contratto individuale facendo riferimento alle disposizioni degli artt. 1723 comma 2 e 1726 cod.civ che prevedono la irrevocabilità del mandato conferito nell’interesse del mandatario individuando nell’atto di adesione sindacale l’assoggettamento del singolo al potere del sindacato.
Al riguardo è intervenuta la giurisprudenza che ha ritenuto che il contratto collettivo di diritto comune al pari di quello corporativo non può essere derogato dal contratto individuale se non in senso più favorevole al lavoratore.
Tale interpretazione giurisprudenziale è stata poi confermata dal legislatore che ha novellato l’art. 2113 cod civ che prevedendo l’invalidità delle rinunce e delle transazioni aventi ad oggetto diritti derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi ha  implicitamente  riconosciuto alla contrattazione collettiva l’inderogabilità della legge e quindi la prevalenza sulle clausole difformi meno favorevoli.
La regola secondo cui i contratti o gli accordi collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda ancorchè non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti non vale nell’ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno in rapporti a tempo parziale ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. 61/2000 in quanto tale trasformazione non può avvenire a seguito di determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma necessita in ogni caso del consenso scritto del lavoratore, il cui rifiuto della trasformazione del rapporto non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

L’orario di lavoro nel contratto individuale

Nell’ambito di un  rapporto di lavoro subordinato l’assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale; ai sensi dell’art.3, comma 1, del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, l’orario normale di lavoro  è fissato in 40 ore settimanali, o l’eventuale minore orario normale stabilito dai contratti collettivi applicati mentre per «tempo parziale»  si intende l’orario di lavoro, iscritto nel contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore all’orario a tempo pieno.
Come noto l’orario di lavoro è un elemento essenziale del contratto individuale, e pertanto non può applicarsi a tale elemento il principio secondo cui l’adesione degli interessati – iscritti o non iscritti alle associazioni stipulanti – ad un contratto o accordo collettivo può essere non solo esplicita, ma anche implicita, come accade quando possa desumersi da fatti concludenti, generalmente ravvisabili nella pratica applicazione delle relative clausole.
L’incidenza di intervento della contrattazione collettiva pertanto subisce notevole affievolimento sotto duplici aspetti: da un lato  in riferimento all’intangibilità  dei diritti quesiti, dall’altro in riferimento all’inammissibilità di una modifica unilaterale dell’orario di lavoro nel contratto individuale.
Quanto al primo profilo va ricordato infatti che la regola generale dell’intangibilità  dei diritti quesiti impedisce alle organizzazioni sindacali di incidere, mediante contratti collettivi, su posizioni già  consolidate o su diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore, senza che vi sia uno specifico mandato dei lavoratori od una successiva ratifica da parte degli stessi.
Infatti con l’adesione al sindacato il lavoratore non attribuisce la piena disponibilità di posizioni individuali alle organizzazioni sindacali le quali, in assenza di mandato o di successiva ratifica non possono dismettere diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori.
In riferimento poi alla seconda questione essendo l’orario di lavoro un elemento essenziale del contratto individuale la sua modifica non può essere di decisione unilaterale del datore di lavoro.

Implicazioni  conseguenti alla interazione dei principi normativi in relazione al caso pratico

Nel caso oggetto di approfondimento l’azienda Gamma operante nel  settore della ristorazione, subentra ad Alfa nel servizio di mensa scolastica del comune di Teta stabilendo una riduzione oraria al personale interessato al subentro sottoponendo le condizioni di riduzione oraria ai lavoratori mediante lettera di assunzione agli stessi e ratificando la riduzione oraria successivamente nell’ambito di un accordo sindacale.
In seguito alla sottoscrizione del suddetto accordo i lavoratori, anche non iscritti alla O.S. stipulante, firmano il verbale di accordo sindacale ma dopo un anno gli stessi impugnano la riduzione oraria rivendicando l’applicazione del precedente contratto a tempo pieno e indeterminato che sussisteva con l’azienda Alfa  ed affermando tale assunto sull’assenza di conferimento di espresso mandato alla O.S. con cui poi successivamente Gamma aveva ratificato in sede di accordo sindacale, la riduzione oraria applicata.
La questione del non conferimento della rappresentanza risulta una  questione di non poco momento atteso che secondo la teoria generale dei diritti di libertà, la libertà negativa risulta essere l’altra faccia della medaglia che si identifica con la libertà positiva.
Infatti come frutto di un corollario logico e giuridico  alla libertà individuale di organizzarsi dovrebbe corrispondere specularmente la libertà di non organizzarsi in alcuna associazione; entrambe infatti sono ricompresi nel novero delle libertà e come tali rispondenti a scelte individuali personalissime.
Infatti proprio la garanzia di non appartenenza risulta essere l’elemento caratterizzante della concezione volontaristica e pluralista del sistema sindacale italiano; per tale motivo infatti nel caso oggetto di trattazione la riflessione sulla libertà sindacale individuale non può non investire il problema della qualificazione giuridica del contratto di lavoro.
Infatti la tutela del diritto dei lavoratori di scegliere se e da chi farsi rappresentare per la tutela delle condizioni di lavoro è in effetti il profilo concreto della tutela delle libertà sindacali individuali nel nostro ordinamento.
D-altronde con l’adesione al sindacato il lavoratore, tuttavia, non attribuisce la disponibilità a dismettere diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica degli stessi.
La giurisprudenza di legittimità è altresì uniforme nel collocare nell’ambito della rappresentanza volontaria il potere dei sindacati, ricollegandolo al mandato che il lavoratore, nell’atto di associarsi, conferisce all’organizzazione di agire in nome e conto proprio, come è dimostrato chiaramente dall’ambito applicativo dei contratti collettivi, la cui efficacia limitata in via generale agli iscritti è stata considerata estensibile anche ai non iscritti solo alla presenza di un comportamento concludente delle parti individuali, e cioè alla loro adesione esplicita (attraverso un richiamo espresso alla normativa contrattualistica) o implicita (mediante la concreta attuazione delle clausole contrattuali) al contratto stesso.
La modifica dell’orario però essendo un elemento essenziale del contratto individuale di lavoro non può essere oggetto  di decisione unilaterale del datore di lavoro.

Ipotesi risolutorie secondo norma

Nel caso di specie  i lavoratori dell’azienda subentrante anche se non iscritti alla organizzazione sindacale stipulante hanno firmato il verbale di accordo sindacale che prevedeva una riduzione dell’orario di lavoro. Orbene, ai fini della puntuale disamina della tipica fattispecie in esame, risulta opportuno richiamare la sentenza 16089 del 14 luglio 2014.
La giurisprudenza di legittimità con la  citata sentenza ha statuito  il principio in base al quale, “poichè l’orario di lavoro è un elemento essenziale del contratto individuale, la sua modifica non può essere oggetto di decisione unilaterale del datore di lavoro. Da qui l’esclusione del consenso tacito o dell’adesione tacita ad una proposta del datore di lavoro: la manifestazione di volontà del lavoratore deve essere libera e, nel caso di specie, manifestata in forma scritta”.
Anche in questa conclusione, come nelle determinazioni assunte in precedenza con riguardo all’accertamento dell’efficacia soggettiva dell’accordo collettivo aziendale nei confronti di lavoratori iscritti alla medesima organizzazione sindacale, occorre considerare che i contratti collettivi aziendali sono contratti collettivi stipulati fra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali aziendali e/o unitarie (art. 2067 c.c.) e devono ritenersi applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda, ancorche´ non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l’unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l’esplicito dissenso dall’accordo medesimo e potrebbero addirittura essere vincolati ad un accordo sindacale separato e diverso.
In base a tali principi quindi    l’accordo sarebbe comunque efficace in base ai concetti di rappresentanza e rappresentatività di cui si è ampiamente disquisito in precedenza; quindi in caso di riduzione dell’orario di lavoro i lavoratori se non avessero ratificato l’accordo sindacale avrebbero potuto procedere all’impugnazione  della riduzione oraria applicata, mentre nel caso di specie hanno proceduto a ratificare l’accordo avallando così la riduzione dell’orario.

Risoluzione  caso pratico

L’assunto dell’applicabilità estensiva anche ai non iscritti dell’ambito applicativo dei contratti collettivi risulta essere correttamente applicato al nostro caso di specie in quanto estende l’efficacia di quanto deliberato nel verbale di accordo sindacale anche ai lavoratori non iscritti alla O.S. stipulante, ma firmatari del verbale di accordo sindacale contenente la riduzione dell’orario di lavoro. Infatti non appartenere al sindacato non significa per chi non è iscritto a nessun sindacato o è iscritto ad un sindacato non firmatario stare fuori dalla contrattazione: infatti proprio   tale garanzia di non appartenenza è la caratteristica fondamentale della concezione volontaristica e pluralista del sistema sindacale italiano.
Pertanto alla luce delle premesse normative e giurisprudenziali esposte in precedenza non può non osservarsi che se pur in base ai principi generali un accordo sindacale ben avrebbe potuto esplicare effetti nei confronti della generalità dei soggetti interessati, quello oggetto di considerazione non avrebbe tuttavia, potuto incidere sui diritti indisponibili quale per l’appunto la riduzione oraria.
Nel caso di specie i lavoratori della società Gamma pur non essendo iscritti alla organizzazione  sindacale hanno firmato il verbale di accordo sindacale accettando tuttavia la modifica dell’orario di lavoro.
Diverso sarebbe stato se i lavoratori non avessero ratificato il verbale di accordo sindacale: in tale ipotesi infatti l’impugnazione avrebbe potuto legittimamente essere tesa a far valere l’essenzialità dell’orario di lavoro come elemento fondante del contratto di lavoro e quindi la non diretta modificabilità unilaterale dello stesso da parte del datore di lavoro.