Le incompatibilità nel lavoro pubblico

Lambda, istituto scolastico pubblico, riceve una richiesta da parte di Sulpicio, docente con contratto a tempo pieno, per svolgere una seconda attivita’ come dipendente part-time presso altro istituto. Lambda, al fine di valutare correttamente la richiesta pervenuta, intende conoscere quale attività potrebbe svolgere il docente laddove autorizzabile.

CONTESTO NORMATIVO

Le incompatiblità nel lavoro pubblico

Come noto, ai  sensi dell’articolo 98 della Costituzione Italiana, i pubblici impiegati  e pertanto anche i dipendenti della scuola, sono al servizio esclusivo della Nazione.
Il dovere di esclusività del pubblico funzionario, ossia il dovere di eseguire la propria prestazione lavorativa retribuita solo in favore dell’amministrazione, risponde ai principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione.
Tale dovere mira a perseguire, inoltre, il prestigio della funzione amministrativa.
Il dovere di esclusività impone al pubblico dipendente di riservare le proprie energie lavorative ad esclusivo vantaggio dell’amministrazione di appartenenza, non potendole dissipare esercitando ulteriori attività, che lo distolgano dal dovere di collaborazione che egli deve al proprio datore di lavoro.
Nel nostro ordinamento il dovere di esclusività, essendo previsto a livello costituzionale, non può essere derogato né dalle parti né dai contratti collettivi, ma può essere regolato dal solo Legislatore.
L’articolo 53 del D. Lgs. 165/2001 rappresenta la norma generale in materia.
Tale disposizione, al primo comma, richiama espressamente il principio generale in materia di incompatibilità e di cumulo di incarichi ed impieghi di cui all’art. 60 del D.P.R. 10/1/1957 n. 3, secondo il quale: “l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro”.
Gli incarichi connotati dai caratteri della abitualità e professionalità, ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. 10/1/1957 n. 3, costituiscono incompatibilità di tipo assoluto.
Il carattere della professionalità è ravvisato nella continuità e non occasionalità dello svolgimento della professione, anche qualora la stessa sia svolta in maniera esclusiva.
La mera iscrizione ad un albo professionale, infatti, non risulta vietata dalla legge, ma accade con frequenza che le singole regolamentazioni degli enti professionali prescrivono, ai fini della valida iscrizione e permanenza nell’albo o ordine, l’esercizio continuativo dell’attività professionale. Indice sintomatico della abitualità dell’attività secondaria esercitata in modo continuativo è l’apertura della partita I.V.A..
Con riferimento alle cariche in società – sia di persone che di capitali -, al pubblico dipendente è vietato ricoprire ruoli di amministrazione e di gestione.Risulta, quindi preclusa al pubblico dipendente la possibilità di assumere cariche sociali di amministratore, consigliere e sindaco.
Invece, allo stesso è concessa la possibilità di assumere la qualifica di socio nelle società di capitali, senza alcuna autorizzazione, e nelle società in accomandita semplice la posizione di socio accomandante.
Nelle società cooperative la giurisprudenza prevalente ritiene che non si pone il problema di incompatibilità, ma qualora la società cooperativa persegua oltre allo scopo mutualistico anche quello di lucro, bisognerà valutare la prevalenza dello scopo mutualistico e l’impegno del pubblico dipendente nell’assolvimento dell’incarico.
Dopo aver sancito le attività incompatibili assolute, l’art. 53 del D. Lgs. 165/2001 prevede una deroga per il personale con contratto con regime orario part-time con una percentuale inferiore al 50% e che mantengano efficacia alcune disposizioni previgenti relative a particolari categorie di dipendenti.
In particolare, restano ferme le previsioni concernenti i docenti delle scuole medie superiori di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 e 676 del D. Lgs. 297/1994, i dipendenti degli enti lirici di cui all’articolo 9, commi 1 e 2, della L. 498/1992 ed infine il personale sanitario di cui all’articolo 4, comma 7, L. 412/1991.
Ulteriore tipologia di incompatibilità all’esercizio dell’attività secondaria è individuata nella presenza di un conflitto di interessi fra lo svolgimento della prestazione lavorativa presso l’amministrazione e l’attività ulteriore.
Fra le situazioni di conflitto di interessi sono state individuate specifiche ipotesi, meramente descrittive e non tassative, dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
A prescindere dalla consistenza dell’orario lavorativo tutti gli incarichi che anche solo in via meramente potenziale potrebbero interferire con l’attività ordinaria del pubblico dipendente, con riguardo alle modalità, al tempo, alla durata o al ruolo professionalmente ricoperto sono da considerarsi vietati e, quindi, non autorizzabili.
L’articolo 53 del D. Lgs. 165/2001, infine, al comma sei, elenca alcune attività retribuite che il pubblico dipendente può esercitare senza previa autorizzazione. Fra queste ultime vi rientrano: la collaborazione con giornali, riviste, enciclopedie e simili; l’utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; la partecipazione a convegni e seminari; gli incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; gli incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; gli incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; le attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione.
 I dipendenti pubblici inoltre, in base all’art. 53 comma 7 L.165/2001 non possono altresì svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza.

Il personale docente

Come abbiamo avuto modo di precisare i dipendenti della scuola sono pubblici dipendenti e sono al servizio esclusivo della Nazione.
Tale  principio viene ribadito e specificato all’art. 508 del D.Lgs. 297/1994 dove vengono elencate tutte le incompatibilità che esistono per i dipendenti pubblici della scuola nello svolgere altri lavori.
Nel suddetto articolo è quindi specificato che al personale docente non è consentito impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto e il personale docente, ove assuma lezioni private, è tenuto ad informare il direttore didattico o il Dirigente Scolastico, al quale deve altresì comunicare il nome degli alunni e la loro provenienza.Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il direttore didattico o il Dirigente Scolastico possono vietare l’assunzione di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto.L’ufficio di docente, di direttore didattico, di Dirigente Scolastico, di ispettore tecnico e di ogni altra categoria di personale prevista dal presente titolo non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico.Il predetto personale che assuma altro impiego pubblico è tenuto a darne immediata notizia all’amministrazione.L’assunzione del nuovo impiego importa la cessazione di diritto dall’impiego precedente, salva la concessione del trattamento di quiescenza eventualmente spettante ai sensi delle disposizioni in vigore. Nella disposizione in oggetto è altresì specificato che Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, ne può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l’autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione.Il suddetto divieto, non si applica nei casi si società cooperative.
Il personale che contravvenga ai  suddetti divieti posti viene diffidato dal direttore generale o capo del servizio centrale competente ovvero dal provveditore agli studi a cessare dalla situazione di incompatibilità.
Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del Dirigente Scolastico, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.
 Il  dipendente pubblico quindi  è obbligato a prestare il proprio lavoro in maniera esclusiva nei confronti dell’Amministrazione da cui dipende. A questo principio di carattere generale fanno eccezione alcuni regimi speciali (ad esempio la possibilità per i docenti di esercitare la libera professione) ed il personale in part time con prestazione lavorativa non superiore al 50%.
Ci sono però altri casi in cui il dipendente pubblico, anche se a tempo pieno, può svolgere, se autorizzato, dalla propria Amministrazione, incarichi di tipo diverso.
In partiolare le condizioni e i criteri in base ai quali l’attività può essere autorizzata sono:

  • la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico. Sono, quindi, autorizzabili le attività esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite periodicamente e retribuite, qualora per l’aspetto quantitativo e per la mancanza di abitualità, non diano luogo ad interferenze con l’impiego;
  • il non conflitto con gli interessi dell’amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;
  • la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento. L’attività deve essere svolta al di fuori dell’orario di servizio.

Sono invece attività incompatibili:l’esercizio di attività commerciale, industriale o di tipo professionale che non prevedono uno specifico albo (ad esempio istruttore di scuola guida);l’impiego alle dipendenze di privati;l’incarico in società costituite a fini di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato.

IMPLICAZIONI

Nella vicenda oggetto di approfondimento,  Lamda, istituto scolastico pubblico riceve una richiesta da parte di un docente con contratto a tempo pieno  per svolgere una seconda attività come dipendente part time presso altro istituto.
Come abbiamo avuto modo di delineare nel corso dell’approfondimento, il  rapporto di lavoro con il datore pubblico è storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico, nei limiti infraprecisati, è preclusa la possibilità di svolgere attività commerciali, industriali, imprenditoriali (anche agricole) artigiane  e professionali in costanza di rapporto di lavoro con il datore pubblico.
Un simile obbligo di esclusività non è rinvenibile nell’impiego privato, nel quale il codice civile si limita a vietare esclusivamente attività extralavorative del dipendente che si pongano in concorrenza con l’attività del datore (art. 2105 cod. civ.): solo in tale evenienza il lavoratore si espone a forme di  responsabilità disciplinare (art. 2106 cod. civ., secondo i consueti criteri di proporzionalità e senza automatismi punitivi) e civile, mentre ogni altro “doppio lavoro” è compatibile. Al pari della disciplina delle responsabilità (civile, penale e amministrativo-contabile, art. 55, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165)) quella sulle incompatibilità tra l’impiego pubblico ed altre attività e sui casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici, è stata sottratta (a differenza di quella disciplinare) alla contrattazione collettiva e riservata alla legge. La norma di legge che nell’attuale regime di pubblico impiego privatizzato sancisce tale obbligo di esclusività va individuata nell’art. 53, comma 1 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165.
L ‘inosservanza  del divieto di cui agli art. 60 seg. T.U. n. 3 del 1957 comporta, sul piano procedurale, ex art. 63, T.U. n. 3 del 1957 cit., una previa diffida datoriale volta a far cessare l’incompatibilità e quindi, in caso di inottemperanza alla diffida, la decadenza dall’impiego che, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione , non ha natura disciplinare. Ne consegue che  il divieto di cui agli art. 60 seg. T.U. n. 3 del 1957 comporta, sul piano procedurale, ex art. 63, T.U. n. 3 del 1957 cit., una previa diffida datoriale  volta a far cessare l’incompatibilità e quindi, in caso di inottemperanza alla diffida, la decadenza dall’impiego che, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione , non ha natura disciplinare.
Ne consegue, secondo tale indirizzo, che la decadenza, nel caso di mancata rimozione della causa di incompatibilità con lo status del pubblico dipendente, è del tutto automatica: essa non “è la conseguenza di un inadempimento, bensì scaturisce dalla perdita di quei requisiti di indipendenza e di totale disponibilità che, se fossero mancati ab origine, avrebbero precluso la stessa costituzione del rapporto di lavoro”.
Accanto alla disciplina delle incompatibilità “assolute” con lo status di pubblico dipendente (sancite dal T.U. n. 3 del 1957) comportanti decadenza dall’impiego, il richiamato art. 53, d.lgs. n. 165 del 2001regolamenta anche le attività non già vietate, ma sottoposte ad un regime autorizzatorio, nonché le attività “liberalizzate”, owero espletabili da qualsiasi pubblico dipendente senza necessità di autorizzazione datoriale. Ulteriore deroga, questa volta soggettiva, al generale regime delle incompatibilità è poi data dalle attività extralavorative espletabili dal solo personale in part-time c.d. ridotto (ovvero con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno).
Tale “liberalizzazione soggettiva” dei dipendenti in parttime ridotto, oggetto anche di Circolare esplicativa della Funzione pubblica , incontra tuttavia dei limiti legali volti a prevenire conflitti di interesse fra amministrazione e dipendente, ad evitare forme di accaparramento privilegiato della clientela pubblica, o ad evitare intralci alla funzionalità della p.a.; in particolare, in base all’art. 1, comma 56-bis, 1. n. 662 del 1996, ferme restando le altre disposizioni in materia di requisiti per l’iscrizione ad albi professionali e per l’esercizio delle relative attività, ai dipendenti pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitino attività professionale: a) non possono essere conferiti incarichi professionali dalle amministrazioni pubbliche (tale divieto, applicabile al personale in part-time ridotto non ci sembra applicabile per i docenti universitari e di scuole secondarie) b) non possono assumere il patrocinio in controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione (anche tale divieto non ci sembra applicabile per i docenti universitari e di scuole secondarie); Più in generale, per il personale in part-time, altri limiti vengono posti dal legislatore (art. 1, comma 58, 1. n. 662 del 1996): C) pur avvenendo automaticamente, di regola, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale entro sessanta giorni dalla domanda (nella quale è indicata I l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere), l’amministrazione, entro il predetto termine, può negare la trasformazione del rapporto nel caso in cui l’attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente. Sul punto la legislazione precisa (art. 1, comma 58-bis, 1. n. 662) che, ferma restando la valutazione in concreto dei singoli casi di conflitto di interesse, le amministrazioni provvedono, con decreto del Ministro competente , di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le attività che in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno. d) identico diniego di trasformazione può essere opposto nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa, può con prowedimento motivato differire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non superiore a sei mesi.
Il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare, entro quindici giorni, all’amministrazione nella quale presta servizio, l’eventuale successivo inizio o la variazione dell’attività lavorativa.

RISOLUZIONE SECONDO NORMA

Come abbiamo avuto modo di specificare,  nel tempo si sono susseguite diverse norme legislative e contrattuali. Il  MIUR con nota n. 1584 del 29 luglio 2005 ha chiarito quali siano le   attività compatibili con la funzione docente.
La principale norma di riferimento oggi è l’art. 53 del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165 (testo unico sul pubblico impiego) il quale riprende l’Art. 58 del D.Lgs. 3.2.1993, n. 29, così come modificato dal D. Lgs. 31.3.1998, n. 80, nonché il TU 3/1957 e la Legge 662/1996. Tale norma, nel rispetto del principio generale dell’esclusività del rapporto di lavoro pubblico, disciplina il conferimento e le autorizzazioni degli incarichi retribuiti ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato.
L’aspettativa per motivi di famiglia o di studio non fa venire meno il dovere di esclusività che caratterizza il lavoro alle dipendenza della pubblica amministrazione.
Sono esclusi da queste limitazioni i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno per quali c’è una ampia possibilità di poter svolgere altre attività lavorative.
La disciplina più specifica, relativa alle incompatibilità del personale docente, è contenuta essenzialmente nell’art. 508 del D. Lgs. 297/94 (che il D.Lgs n. 165/01 richiama) e nell’art. 33 del Ccnl 2003.
Per il personale Ata, invece, non essendoci disposizioni specifiche valgono le norme di carattere generale previste per gli altri pubblici dipendenti e l’art. 57 del Ccnl 2003.
Il dipendente pubblico è obbligato a prestare il proprio lavoro in maniera esclusiva nei confronti dell’Amministrazione da cui dipende. A questo principio di carattere generale fanno eccezione alcuni regimi speciali (ad esempio la possibilità per i docenti di esercitare la libera professione) ed il personale in part time con prestazione lavorativa non superiore al 50%.
Ci sono però altri casi in cui il dipendente pubblico, anche se a tempo pieno, può svolgere, se autorizzato, dalla propria Amministrazione, incarichi di tipo diverso.
Tra le attività pienamente compatibili, per i dipendenti a tempo pieno o con orario superiore al 50%,sussistono le seguenti attività:

  • le attività che sono esplicitazioni di quei diritti e libertà costituzionalmente garantiti, quali la partecipazione ad associazioni sportive, culturali, religiose, di opinione etc..;
  • le attività rese a titolo gratuito presso associazioni di volontariato o cooperative a carattere socio-assistenziale senza scopo di lucro (volontariato presso un sindacato);
  • le attività, anche con compenso, che siano espressive di diritti della personalità, di associazione e di manifestazione del pensiero, quali le collaborazioni a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
  • l’utilizzazione economica da parte dell’autore o dell’inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
  • la partecipazione a convegni e seminari, se effettuata a titolo gratuito ovvero venga percepito unicamente il rimborso spese;
  • tutte le attività per le quali è corrisposto il solo rimborso delle spese documentate;
  • gli incarichi per i quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
  • gli incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali ai dipendenti distaccati o in aspettativa non retribuita per motivi sindacali;
  • la partecipazione a società di capitali quali ad esempio le società per azioni, società in accomandita in qualità di socio accomandante (con responsabilità limitata al capitale versato);
  • gli incarichi conferiti da altre pubbliche amministrazioni a condizione che non interferiscano con l’attività principale;
  • le collaborazioni plurime con altre scuole;
  • la partecipazione a società agricole a conduzione familiare quando l’impegno è modesto e di tipo non continuativo;
  • l’attività di amministratore di condominio limitatamente al proprio condominio;
  • gli incarichi presso le commissioni tributarie;
  • gli incarichi come revisore contabile.

Inoltre al personale docente, anche se a tempo pieno, è consentito previa, autorizzazione da parte del Dirigente Scolastico:

  • l’esercizio, di libere professioni a condizione che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti la funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio. Perché l’attività possa considerarsi di tipo libero professionale è necessario che sia prevista l’iscrizione ad uno specifico albo professionale o ad un elenco speciale (vedi elenco psicologi);
  • dare lezioni private ad alunni che non frequentano il proprio istituto.

I dipendenti a part time che non superano il 50% della prestazione lavorativa obbligatoria (ad esempio un ata che svolge 18 ore settimanali) possono svolgere qualsiasi tipo di attività sia come dipendente (solo presso privati) sia come lavoratore autonomo.

RISOLUZIONE CASO PRATICO

Alla luce delle premesse normative e delle considerazioni esposte in precedenza dunque, Sulpicio, docente con contratto a tempo pieno non può svolgere una seconda attività come dipendente part time presso altro istituto  scolastico. Ai sensi dell’art. 1 comma 58 della Legge 68/1996 infatti il personale della scuola non può cumulare impieghi pubblici  salvo quelli  stabiliti dalla legge. Esistono infatti delle attività  che si possono svolgere, anche senza autorizzazione del dirigente scolastico come la collaborazione con giornali, riviste etc.; l’utilizzo economico di proprie opere di ingegno; la partecipazione a convegni e seminari; gli incarichi in cui è previsto solo il rimborso delle spese documentate; gli incarichi per cui il dipendente è posto in aspettativa, comando fuori ruolo;gli incarichi sindacali;la partecipazione a società agricole a conduzione familiare;incarichi presso le commissioni tributarie;gli incarichi come revisore contabile.
Per quanto riguarda il personale scolastico con rapporto di lavoro a tempo parziale al 50% può svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo, basta che non si crei conflitto o si pregiudichino le esigenze di servizio. Quindi per ottenere un contratto a tempo indeterminato nella scuola occorre che il candidato risulti inoccupato o che, all’atto dell’assunzione del ruolo, rinunci all’altro lavoro (o faccia richiesta di part-time nella scuola e part-time al suo impiego precedente, sempre che gli venga accordato da entrambe le istituzioni).
Nel caso in cui un impiegato della scuola volesse invece “sperimentare” un nuovo lavoro, la normativa prevede un periodo di aspettativa (CCNL 2007 art. 18/3 e legge 183/10 art. 18/2) fino ad un massimo di 12 mesi. Ovviamente al termine di tale periodo il docente dovrà fare una scelta, se proseguire il nuovo impiego o rientrare a svolgere la sua attività di docente.
Quanto detto fino ad ora vale per il personale della scuola a tempo indeterminato. Tutti quei docenti che, sono ancora in attesa del ruolo e pertanto svolgono attività di supplenza breve, saltuaria o annuale non hanno un vincolo di esclusività con la Pubblica amministrazione (in questo caso la scuola) anche se con qualche deroga.
Questo significa che un lavoratore con contratto a tempo determinato, di qualsivoglia natura (in attività pubbliche o private) può assumere un incarico di supplenza nella scuola. Anche chi possiede una partita IVA e, quindi, svolge la propria professione come libero professionista, può contrarre una supplenza nella scuola, ma questo non è possibile, secondo l’art. 4 dell’Ordinanza Ministeriale 446/97, se l’altro lavoro è sempre nella pubblica amministrazione.