Mancato rientro dalla malattia e licenziamento

Un’ex dipendente di una società attiva nel settore dei trasporti ferroviari,  si era assentata dal servizio per 12 mesi nell’ambito di un periodo di aspettativa per motivi di salute. Alla scadenza dei 12 mesi, la dipendente contattava la società chiedendo informazioni circa il suo rientro in servizio, manifestando la volontà di non tornare presso gli uffici cui era adibita prima dell’assenza dal servizio. La società replicava alla dipendente di presentarsi fisicamente presso i relativi uffici per poi essere sottoposta, nei giorni seguenti, a visita medica.
Sennonché, la dipendente non si presentava più sul luogo di lavoro per diversi giorni, senza alcuna giustificazione, se non addurre via e-mail un’omessa risposta della società alla propria richiesta di non tornare presso gli uffici cui era adibita prima dell’assenza dal servizio.
Pertanto, la società in persona del legale rappresentante contestava alla dipendente l’assenza ingiustificata dal servizio e chiedeva delucidazioni allo stesso legale al fine di verificare i presupposti per la sanzione del licenziamento con diritto al preavviso.

CONTESTO NORMATIVO

Come noto, il  Testo Unico della sicurezza nei luoghi lavoro (Decreto Legislativo 9 Aprile 2008, n. 81) disciplina la sorveglianza sanitaria con gli articoli 38, 39, 40, 41 e 42. Inoltre il Decreto Legislativo 3 Agosto 2009, n. 106, correttivo del T.U., ha provveduto ad apportare modifiche ed integrazioni in materia di sorveglianza sanitaria con gli articoli 24, 25, 26 e 27.L’art. 18 del D.Lgs. 81/2008 così come modificato dal D.Lgs. 106/2009 obbliga il Datore di lavoro e il Dirigente ad inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e a richiedere al Medico Competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico.
Il protocollo adottato dalla Struttura Speciale di Supporto “Tutela della Salute e Sicurezza sul Lavoro” è quello indicato dall’art. 176 del D.Lgs 81/2008 che ribadisce tale obbligo con particolare riferimento ad occhi, vista ed apparato muscolo-scheletrico.
Le visite dei lavoratori vanno generalmente ripetute ogni cinque anni; per i lavoratori idonei con prescrizioni o limitazioni, così come per quelli che hanno compiuto cinquant’anni, vanno ripetute ogni due anni.
Contestualmente il lavoratore è obbligato a sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal programma di sorveglianza sanitaria o comunque disposti dal Medico Competente così come indicato dall’art. 20, comma 2 lettera. i, del D.Lgs 81/2008.
A tal proposito la Corte di Cassazione – pen., sez. III, sent. n. 6828 del 29.05.1991 Ud. (dep. 20.06.1991) Rv. 187789 – ha espresso che il datore di lavoro è tenuto a far rispettare dai lavoratori esposti a fattore di rischio l’obbligo di sottoporsi ai prescritti controlli sanitari; qualora i lavoratori si rifiutino di sottoporsi a tali visite, il datore di lavoro deve provvedere ad indurli, ricorrendo, se necessario, ad adeguate sanzioni disciplinari.
Sono previste anche delle sanzioni pecuniarie che vanno da € 2.000 a € 4.000 (art. 55, comma 5 lettera e) del D.Lgs. 81/2008) per il Datore di Lavoro e da € 200 a € 600 (ex art. 59 del D.Lgs. 81/2008 e art. 36 del D.Lgs. 106/2009) per il lavoratore dipendente.
 Ai sensi dell’articolo 2, D.Lgs. 81/2008, il medico competente è un sanitario in possesso dei titoli professionali e dei requisiti previsti dall’articolo 38 dello stesso decreto, che collabora alla valutazione dei rischi ed effettua la sorveglianza sanitaria, a tutela dello stato di salute e della sicurezza dei lavoratori.

In particolare, il medico competente:

− collabora col datore di lavoro e col servizio di prevenzione e protezione nella valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori e nella redazione del DVR;

− collabora nelle attività di attuazione di programmi di promozione della salute;

− effettua la sorveglianza sanitaria, ove necessaria, come misura di tutela della salute dei lavoratori nel luogo di lavoro.

In particolare, e per ciò che concerne la sorveglianza sanitaria, essa si concretizza tramite visite mediche effettuate dal medico competente nei casi previsti dall’articolo 41, comma 2, D.Lgs. 81/2008, e ha l’obiettivo di valutare le condizioni psicofisiche del singolo lavoratore in determinate circostanze del percorso lavorativo (ripresa del lavoro dopo un periodo di assenza per motivi di salute, preassunzione, cambi di mansione, etc.) e di monitorarne l’andamento nel tempo per determinare l’impatto di eventuali rischi presenti sul lavoro.

L’articolo 41, comma 1, D.Lgs. 81/2008, prevede che il medico competente effettui la sorveglianza sanitaria in 2 ipotesi:

a) nei casi ex lege previsti oppure in ottemperanza alle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6 del suddetto decreto; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta ed essa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

Per ciò che rileva nel contributo in esame, uno dei casi in cui il medico competente è tenuto a effettuare la visita medica nell’ambito della sorveglianza sanitaria è quello previsto dall’articolo 41, comma 2, lettera e-ter), D.Lgs. 81/2008, in cui è prevista la “visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione” del lavoratore.
L’emergenza da Covid-19 ha determinato importanti effetti sulla disciplina della sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro, divenuta per certi aspetti poco chiara per gli attori coinvolti (medici competenti, datori di lavoro e i lavoratori).
Si segnala quindi la Circolare del 4 settembre 2020 n. 13 del Ministero del Lavoro e n. 28877 del Ministero della Salute (la circolare è stata emanata congiuntamente da entrambi i Ministeri) pubblicata per fornire utili chiarimenti sulla sorveglianza sanitaria, la categoria dei lavoratori fragili e le visite mediche obbligatorie previste dal D. Lgs. n. 81/2008.

Riportiamo di seguito una sintesi delle disposizioni principali:
Le norme fondamentali di riferimento, durante la pandemia da Sars-CoV-2, sono contenute nell’art. 5 della legge n. 300/1970 e nell’art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008.

Concetto di fragilità     

Il concetto di fragilità va individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico.

Rapporto tra età e fragilità       

I dati epidemiologici recenti hanno chiaramente mostrato una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione in presenza di alcune tipologie di malattie cronico degenerative che, in caso di comorbilità con l’infezione da Sars-Cov-2, possono influenzare negativamente la gravità e l’esito della patologia.

Procedura per il riconoscimento della condizione di fragilità     

Sarà il lavoratore a chiedere al datore di lavoro di essere sottoposto a sorveglianza sanitaria e a dover presentare la documentazione sanitaria comprovante le condizioni di fragilità. Il medico competente effettuerà la valutazione esprimendo il giudizio di idoneità, fornendo, in via prioritaria, indicazioni per l’adozione di soluzioni maggiormente cautelative per la salute del lavoratore/lavoratrice. Il giudizio di non idoneità temporanea andrà espresso sole nei casi che non consentano soluzioni alternative.

Datori di lavoro non tenuti alla nomina del medico competente

La sorveglianza sanitaria sui lavoratori fragili deve essere assicurata anche dai datori non tenuti alla nomina del medico competente (art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008). Il questo caso il datore di lavoro potrà direttamente nominare il medico competente o rivolgersi ad appositi enti pubblici (ad es. Inail, Asl ecc.).

Regime della sorveglianza sanitaria eccezionale art. 83 Dl n. 34/2020  

Per effetto di quanto previsto dal Dl n. 83/2020, secondo i ministeri, il regime della sorveglianza sanitaria eccezionale previsto dall’art. 83 del Dl n. 34/2020 è cassato dal 1° agosto 2020. Le visite mediche richieste dai lavoratori entro il 31 luglio 2020 saranno svolte sulla base delle indicazioni operative illustrate nella circolare e secondo la disciplina speciale di cui al citato disposto normativo.

Visite mediche obbligatorie periodiche e alla cessazione del rapporto di lavoro           

In linea generale, possono ancora essere differibili, previa valutazione del medico competente, in relazione all’andamento epidemiologico territoriale:

a – la visita medica periodica (art. 41, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008).

b – la visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro, nei casi previsti dalla normativa vigente (art. 41, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 81/2008).

Esami strumentali e accertamento per alcol e droghe   

Deve essere valutata con cautela l’esecuzione di esami strumentali che possono esporre a contagio da Sars-Cov-2, quali ad esempio, le spirometrie e gli accertamenti in materia di alcol e droghe, qualora non possano essere effettuati in idonei ambienti e con adeguati dispositivi di protezione.

IMPLICAZIONI

Nella  questione oggetto di approfondimento, un’ex dipendente di una società attiva nel settore dei trasporti ferroviari,  si era assentata dal servizio per 12 mesi nell’ambito di un periodo di aspettativa per motivi di salute. Alla scadenza dei 12 mesi, la dipendente contattava la società chiedendo informazioni circa il suo rientro in servizio, manifestando la volontà di non tornare presso gli uffici cui era adibita prima dell’assenza dal servizio. La società replicava alla dipendente di presentarsi fisicamente presso i relativi uffici per poi essere sottoposta, nei giorni seguenti, a visita medica.
Sennonché, la dipendente non si presentava più sul luogo di lavoro per diversi giorni, senza alcuna giustificazione, se non addurre via e-mail un’omessa risposta della società alla propria richiesta di non tornare presso gli uffici cui era adibita prima dell’assenza dal servizio.

Come noto l’articolo 41, comma 2, D.Lgs. 81/2008,   prevede che la sorveglianza sanitaria, da garantire da parte del datore di lavoro e del medico competente nominato dal primo, comprenderebbe una serie di visite distinte per tipologia, tempistiche e contenuto e che quella di cui alla citata lettera e-ter), e cioè la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, che deve essere effettuata in caso di “assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi“, è volta a verificare l’idoneità del lavoratore alle mansioni, ossia il ripristino dell’idoneità all’attività lavorativa in  generale, e non alla mansione specifica, come previsto nelle altre lettere di cui all’articolo 41, comma 2, riguardanti i lavoratori che si sono assentati per un prolungato lasso di tempo perché malati:tale visita deve essere precedente alla ripresa del lavoro e deve verificare l’idoneità alla mansione, essendo strettamente funzionale alla corretta e sicura ripresa dell’attività lavorativa.

La mancata applicazione del servizio di sorveglianza sanitaria, oppure la sua inadeguatezza rispetto alle necessità lavorative proprie dell’azienda, nonché la mancata nomina del medico competente e l’omessa formazione sono oggetto di sanzioni legiferate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare 12 ottobre 2017 n.3.

Andiamo ad analizzare i vari elementi che compongono la definizione legislativa di sorveglianza sanitaria per comprendere meglio di cosa si tratta. Gli “atti medici” di cui si parla sono essenzialmente le visite che il medico competente deve effettuare per poter, poi, esprimere il proprio giudizio d’idoneità alla mansione.

Di seguito passiamo in rassegna le tipologie di visite mediche che rientrano in un protocollo di sorveglianza sanitaria:

  • Visita medica preventiva, che va effettuata prima che un lavoratore inizi a occuparsi di una certa mansione, per assicurarsi che lo stesso la possa svolgere senza particolari problemi. In altre parole, viene verificata l’idoneità del lavoratore per la mansione specifica, quale che sia: per esempio, chi vuol essere assunto per un lavoro usurante e fisicamente faticoso deve sottoporsi a una visita che possa provare la sua adeguatezza a tali sforzi. La visita va effettuata anche nel caso in cui debba essere accertata l’assenza di stato di tossicodipendenza o di assunzione occasionale di stupefacenti;
  • Visita medica periodica, che va svolta periodicamente in funzione del protocollo sanitario in atto, per fare degli accertamenti sullo stato di salute dei dipendenti e poter dare un giudizio di idoneità;
  • Visita medica su richiesta del lavoratore, qualora questi ritenga che la mansione specifica svolta possa avere degli effetti sul proprio stato di salute;
  • Visita medica al verificarsi del cambio di mansione, per accertarsi che i nuovi compiti da svolgere non pregiudichino le condizioni sanitarie del lavoratore; in seguito, il medico fornisce un giudizio di idoneità di mansione come nel caso della visita medica preventiva, che può essere positivo (cui segue un nulla osta) oppure negativo, il che comporta l’impossibilità di assumere la nuova mansione;
  • Visita medica in caso di cessazione del rapporto di lavoro, o visita medica di fine rapporto. Ha luogo, appunto, al termine del rapporto di lavoro (a seguito di licenziamento, dimissioni o comunque rescissione del contratto), quando previsto dalla normativa;
  • Visita medica preventiva prima dell’assunzione, qualora ne faccia richiesta il datore di lavoro, il medico competente o l’ASL;
  • Visita medica alla ripresa del lavoro, nei casi in cui un membro del personale si sia dovuto assentare a causa di motivi di salute per più di 60 giorni.

Va precisato che il medico competente non può effettuare delle visite mediche per accertare uno stato di gravidanza e negli altri casi indicati espressamente dalla normativa vigente.

Quando si parla di salute dei lavoratori, non si fa riferimento solamente alle possibili patologie che gli stessi potrebbero contrarre nell’esercizio delle proprie mansioni.

È senz’altro indubbio che l’esposizione ad agenti cancerogeni, così come ad agenti chimici (da cui deriva il rischio chimico), rappresenti una delle problematiche maggiori da prendere in considerazione nella valutazione dei rischi nelle imprese. Tuttavia, nella gestione degli stessi va effettuato un monitoraggio su tutte le variabili che potrebbero arrecare danno alla salute dei dipendenti, tra cui le condizioni di igiene all’interno dell’ambiente aziendale.

Fra i fattori di rischio non correlati all’ambiente di lavoro, è da tenere in considerazione lo stress lavoro-correlato che può presentarsi nel momento in cui il lavoratore non ritiene di essere in grado di rispondere correttamente alle richieste a lui avanzate. In questo caso, le condizioni psicologiche, fisiche o sociali sono comunque compromesse e devono essere valutate e gestite al pari di tutti gli altri rischi.

Quando è prevista la sorveglianza sanitaria nelle strutture aziendali, è obbligatoria la presenza del medico competente alla riunione periodica sulla sicurezza convocata dal datore di lavoro (almeno una volta l’anno), in accordo con il responsabile del servizio di prevenzione del rischio. I compiti del medico competente, in questa circostanza, sono quelli di contribuire, collaborando con gli altri partecipanti alla riunione (in genere sono il datore di lavoro, il RLS, il RSPP, l’ASPP), a fare il punto della situazione sulle misure messe in atto per la prevenzione in azienda.

RISOLUZIONE SECONDO NORMA

Come abbiamo avuto modo di delineare nel corso dell’approfondimento,  il  medico competente prevede la pianificazione delle visite mediche in funzione della valutazione dei rischi specifica di ciascun ambiente di lavoro.

Una volta effettuata una visita medica, il medico competente potrà esprimere uno dei seguenti tipi di giudizi:

  • Idoneità: in questo caso non ci sono problemi, il dipendente può (continuare a) espletare la propria attività lavorativa senza che siano necessari interventi correttivi;
  • Idoneità con prescrizioni: ciò si verifica quando un dipendente potrà svolgere la propria mansione solo attraverso particolari precauzioni (come dispositivi e attrezzature di protezione) o dopo un trattamento specifico; tale giudizio è assunto dal medico a seguito di una adeguata valutazione del rischio cui il lavoratore potrebbe essere esposto, e richiede naturalmente l’assoluto rispetto delle prescrizioni, senza le quali è alto il rischio per la salute del lavoratore;
  • Idoneità parziale(temporanea o permanente): quando alcuni compiti sono esclusi rispetto a quanto preventivato;
  • Inidoneità temporanea: in questo caso vanno indicati i tempi durante i quali l’inidoneità sarà valida;
  • Inidoneità permanente: si ha quando, dati gli esiti delle visite mediche, al lavoratore è del tutto impedita l’accessibilità allo svolgimento di quella particolare mansione.

A seguito del giudizio del medico competente i lavoratori possono opporre ricorso entro 30 giorni dalla comunicazione dello stesso. La richiesta va presentata all’organo di vigilanza che ha la competenza territoriale (eventualmente tramite servizi online, qualora sia possibile, oppure attraverso i canali consueti di contatto); l’organo di vigilanza, in seguito, qualora ne riscontri la necessità, potrà confermare, modificare o revocare il giudizio espresso dal medico.

A seguito dei dovuti accertamenti sanitari, il medico competente deve inoltre compiere alcuni adempimenti medico-legali nel caso in cui il lavoratore presenti una malattia professionale o si presenti un’emergenza:

  • Emettere un certificato di malattia professionale
  • Denunciare la malattia professionale al Servizio di Sicurezza e Prevenzione del Lavoro della ASL
  • Compilare il referto

Per rispettare tutti gli obblighi previsti dalla normativa, si rende spesso utile, per il datore di lavoro, la frequenza di corsi di formazione e assistenza in materia di sorveglianza sanitaria.

La formazione, che può avvenire a distanza o in un luogo fisico come la sede legale dell’azienda (per esempio all’interno dell’ufficio di amministrazione dell’azienda interessata), mira a fornire tutte le informazioni utili su procedure e argomenti relativi: da un’azione amministrativa come la nomina del medico competente, a nozioni sull’assicurazione sanitaria e sul primo soccorso, fino alla corretta custodia della cartella sanitaria.

Il consiglio di frequentare il corso (anche solo il modulo che più interessa) vale anche per il management di un’azienda o per chi svolge una libera professione.

In  relazione all’epidemia da Covid-19, sulla base della vigente normativa (D. lgs. 81/08 e s.m.i. Titolo X rischio biologico) e delle indicazioni dei più autorevoli enti/istituti nazionali ed internazionali (ECDC, WHO), si dovrà  fare riferimento, salvo diverse indicazioni delle autorità locali di sanità pubblica, alle seguenti misure nei confronti del personale esposto e potenzialmente esposto.

Tutte le attività raccomandate devono essere effettuate in stretta collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale.

Al fine di prevenire la diffusione del virus, i Medici Competenti delle aziende sanitarie risultano fondamentali nell’offrire supporto alle direzioni aziendali nell’attività di informazione e formazione del personale sanitario, nella definizione dei protocolli aziendali, nonché nella sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti/potenzialmente esposti allo specifico rischio biologico.

Il medico competente deve cooperare con il sistema prevenzionistico aziendale per garantire la messa in atto di quanto stabilito dalla vigente normativa:

1) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; utile predisporre un gruppo di operatori che possano essere una sorta di primo contatto con i casi sospetti, ai quali assegnare i compiti di uno specifico triage sulla base delle indicazioni ministeriali ed internazionali .Tali operatori dovranno essere dotati dei DPI indicati dalle circolari ministeriali.

2) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; utile  predisporre aree idonee e separate in cui svolgere il primo triage di pazienti sospetti/affetti da COVID-19.

3) informazione e formazione adeguate per i lavoratori sfruttando tutte le possibili vie di comunicazione (intranet, posta elettronica aziendale, etc..) sulla definizione di paziente sospetto/probabile/confermato e sulla conoscenza dei percorsi di diagnosi e cura stabiliti all’interno delle diverse realtà aziendali. Formazione pratica sul corretto utilizzo dei DPI, in particolare per le vie respiratorie, e sull’obbligo di utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione.

Come stabilito dall’art. 25 e dal titolo X del D.lgs. 81/08 e s.m.i., il medico competente dovrà garantire la sorveglianza sanitaria per il rischio biologico, in particolare valutare l’opportunità di allontanamento temporaneo del lavoratore dalla potenziale esposizione al rischio specifico per motivi sanitari inerenti la sua persona (situazioni di iper-suscettibilità, ad esempio per patologie respiratorie croniche o condizioni di immunodeficienza) oppure l’indicazione di misure protettive particolari (ad es. DPI) che il datore di lavoro avrà l’obbligo di adottare.

Al fine di garantire la tutela della salute dell’operatore e di evitare l’eventuale trasmissione ad altri, tutti gli operatori esposti dovranno ricevere adeguate informazioni riguardo i sintomi di esordio della malattia, le modalità di trasmissione, le corrette procedure di comunicazione in caso di dubbi o di comparsa dei sintomi. Si reputa necessario predisporre un elenco dei lavoratori che sono stati esposti al rischio specifico al fine di sorvegliare eventuale comparsa di sintomatologia specifica nel corso dei 14 giorni successivi all’esposizione. La sorveglianza dovrà essere graduata sulla base della valutazione della tipologia di esposizione (con o senza adeguati DPI) ed inseguito a comunicazione al Dipartimento di Prevenzione potrà essere da quest’ultimo disposta l’attivazione della quarantena con sorveglianza attiva, secondo ordinanza ministeriale.

RISOLUZIONE CASO PRATICO

Alla luce delle premesse normative e delle considerazioni esposte in precedenza dunque, il legale rappresentante della società ammette che ci siano i  presupposti per la sanzione del licenziamento con diritto al preavviso. L’articolo 41, comma 2, lettera e-ter), D.Lgs. 81/2008, in cui è prevista la “visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione” del lavoratore deve essere interpretato nel senso per cui, la “ripresa del lavoro”, rispetto alla quale la visita medica deve essere “precedente”, è costituita dalla concreta assegnazione del lavoratore alle medesime mansioni già svolte in precedenza.

Infatti esclusivamente in relazione alle mansioni già svolte in precedenza dal lavoratore prima dell’assenza per motivi di salute, è necessario che il medico effettui una verifica di “idoneità”, volta ad accertare se il lavoratore possa sostenerle senza pregiudizio o rischio per la sua integrità psicofisica. Tuttavia, per compiere tale verifica di idoneità, il presupposto necessario e imprescindibile è che il lavoratore si ripresenti fisicamente in azienda, circostanza non verificatasi nel caso di specie, in cui la lavoratrice – nonostante gli inviti della società – non aveva ripreso servizio. In tal senso si veda il principio sancito dalle relative Sezioni Unite con sentenza 12568/2018, con la quale si è specificato che la visita medica di controllo prevista dall’articolo 41, comma 2, lettera e-ter), D.Lgs. 81/2008, non costituisce condicio iuris della ripresa dell’attività lavorativa, tanto più che viene attivata a iniziativa datoriale e non del lavoratore.

Tale assunto comporta che, venuto meno il titolo giustificativo dell’assenza dal lavoratore dal servizio (nel caso di specie il superamento del periodo di aspettativa per motivi di salute), il rifiuto del lavoratore di ripresentarsi fisicamente in azienda costituisce assenza ingiustificata legittimamente sanzionabile col licenziamento.

Venuto meno il titolo giustificativo della relativa assenza, il lavoratore è comunque, intanto, tenuto a ripresentarsi in servizio, e solo allora assume rilievo la visita medica di idoneità di cui all’articolo 41, comma 2, lettera e-ter), all’occorrenza legittimando il lavoratore (ripresentatosi fisicamente sul luogo di lavoro) a non svolgere (ai sensi dell’articolo 1460 cod. civ.) le mansioni assegnategli in attesa dell’espletamento della visita medica di idoneità alle mansioni medesime, qualora tale visita fosse omessa dal datore di lavoro.

Ma, intanto, il lavoratore deve ripresentarsi fisicamente in azienda.