Reverse charge. No a sanzione ridotta per operazioni imponibili inesistenti

La Corte di Cassazione con sentenza 22727  del 20 luglio 2022 ha statuito che la sanzione ridotta introdotta dal  d.lgs 158/2015 per le operazioni inesistenti nei casi di applicazione dell’inversione contabile non può che riferirsi alle operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, ma non anche a quelle imponibili inesistenti.

La norma in esame, in particolare, dispone che laddove il cessionario o committente applichi  l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento “devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta…”.

Nella seconda parte dell’articolo è poi espressamente previsto che “la disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa  compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro”.

Orbene, come detto, secondo il massimo Collegio di legittimità, tale seconda parte, laddove introduce per le operazioni inesistenti una sanzione ridotta rispetto a quella prevista per i casi nei quali il contribuente non ha applicato l’IVA con il sistema dell’inversione contabile interno, non può che riferirsi alle operazioni inesistenti esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, ma non anche a quelle imponibili inesistenti.

Se così non fosse – precisa la Suprema corte -“si consentirebbe la detrazione dell’IVA in assenza dei presupposti sostanziali richiesti, fra i quali l’individuazione del soggetto passivo che invece assume carattere dirimente al fine di ammettere od escludere il diritto alla detrazione.