La Cassazione sulla qualifica di amministratore di fatto

La Suprema corte con sentenza 36556 del 27 settembre 2022 ha definitivamente confermato la condanna penale impartita ad un imputato, ritenuto responsabile per concorso, nella qualità di amministratore di fatto di una Srl, nell’emissione continuata di fatture per operazioni inesistenti e nell’occultamento continuato delle scritture contabili, nonché per concorso, in qualità di amministratore di fatto e direttore commerciale di altra società, in dichiarazione fraudolenta continuata, dichiarazione infedele continuata e autoriciclaggio continuato.

L’imputato si era rivolto ai giudici di legittimità censurando la decisione di merito per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, nonché per mancanza e/o manifesta illogicità con riferimento all’attribuzione del ruolo di amministratore di fatto delle due società.

Secondo la sua difesa, la Corte di appello non aveva affatto tenuto conto di quanto dallo stesso asseritamente chiarito circa le ragioni per le quali la predetta qualifica non poteva essergli attribuita.

Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Cassazione, dopo aver richiamato, nella decisione, i consolidati della giurisprudenza di legittimità in tema di amministrazione di fatto.

Per attribuire tale qualifica – si legge nella sentenza –  occorre il ricorrere del requisito dell’esercizio, in modo continuativo e significativo, e non solo episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi.

Significatività e continuità, in tale contesto, non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale.

Ne discende che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive – in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare – il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, laddove, come nella specie, risulti sostenuta da congrua e logica motivazione.

Questo il principio di diritto segnatamente enunciato: “Ai fini dell’attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore “di fatto” di una società, può essere valorizzato l’esercizio, in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi; in tale ultimo caso, peraltro, spetterà ai giudici del merito valutare la pregnanza, ai fini dell’attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati”.