Società in liquidazione, responsabilità dei soci per debiti erariali

La corte di Cassazione con sentenza 30481 del 17 ottobre 2022 ha chiarito che per l’azione ex art. 36 comma 3 del  dpr 602/1973 nei confronti del socio non occorre che l’accertamento in capo alla società sia definitivo.

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso con cui l’Agenzia delle entrate si era opposto alla decisione della CTR di annullamento di un avviso di accertamento.

Tale atto era stato emesso nei confronti di una contribuente nella sua qualità di socia di una Srl in liquidazione, cessata nel 2009.

L’avviso era stato ritenuto illegittimo dalla Commissione di secondo grado, in quanto emesso prima che fosse divenuto definitivo quello verso la società.

Secondo la CTR, infatti, l’estensione al socio della responsabilità per la pretesa erariale verso la società avrebbe richiesto l’avvenuta definizione del contesto tributario relativo alla compagine mentre, nel caso di specie, l’accertamento nei confronti di quest’ultima non era ancora divenuto definitivo.

L’Ufficio finanziario aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, la violazione e falsa applicazione del citato art. 36, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.. 

Motivo giudicato fondato da Collegio di legittimità, dopo aver richiamato la ricostruzione sostanzialmente unitaria operata dalla giurisprudenza di Cassazione con riferimento alla responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, contemplata dalle distinte fattispecie di cui all’art. 36 del DPR (appunto sulla responsabilità e sugli obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci).

Si tratta – ha ricordato la Corte – di responsabilità per fatto proprio ex lege, avente natura civilistica e non tributaria, atteso che la norma non pone alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno nel caso in cui la società sia cancellata dal registro delle imprese.

Con peculiare riferimento alla responsabilità dei soci, si prevede che, ove essi abbiano ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione, danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o abbiano avuto in assegnazione beni sociali dei liquidatori durante il tempo della liquidazione, gli stessi sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai liquidatori o amministratori nei limiti del valore dei beni stessi, salve le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile.

È dunque consentito al fisco di agire in via “sussidiaria” nei confronti dei soci “pro quota” e tale responsabilità” è pur sempre “dipendente” da quella del liquidatore e dell’amministratore, nel senso che, per escutere i primi, è comunque necessario che sussistano anche i presupposti per la responsabilità dei secondi.

In definitiva, gli stretti legami tra le fattispecie e, in particolare, la relazione di “dipendenza” della responsabilità del socio da quella di liquidatori e amministratori giustifica una considerazione unitaria anche con riguardo ai presupposti di esercitabilità delle azioni.

La giurisprudenza consolidata di questa Corte, in particolare, richiede la seguente duplice condizione:

che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione;

che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima.

Nella vicenda esaminata, la CTR aveva asserito la preventiva definitività dell’accertamento nei confronti della società, quale presupposto per l’azione ex art. 36 comma 3 nei confronti del socio, ponendosi in evidente contrasto con l’interpretazione della norma ai sensi della quale, invece, è sufficiente la consacrazione della pretesa in un titolo idoneo alla riscossione anche provvisoria.