Sul datore la prova del mancato godimento dei riposi compensativi

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 8626 del 2 aprile 2024, ha statuito che spetta al lavoratore provare di non aver goduto della pausa di 10 minuti spettante a coloro che svolgono un’attività lavorativa giornaliera superiore a sei ore, mentre incombe sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver concesso al lavoratore la possibilità di fruire dei riposi compensativi.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte una guardia giurata si era rivolta al Tribunale del lavoro affinché condannasse il datore di lavoro al pagamento delle somme a titolo retributivo per mancato godimento della pausa di 10 minuti prevista all’art. 74 del CCNL Istituti di Vigilanza privata.

L’impossibilità di godimento della pausa durante il turno di lavoro impone la concessione di riposi compensativi di pari durata, da godersi entro i trenta giorni.

La Suprema Corte ha quindi confermato che grava sul lavoratore l’onere di provare di aver diritto alla pausa di 10 minuti, perché la prestazione lavorativa giornaliera era superiore alle 6 ore, ma incombe sul datore di lavoro l’obbligo di dimostrare il mancato godimento dei riposi compensativi di pari durata, da godere nei trenta giorni successivi, sostitutivi delle pause non godute.