Lecita la registrazione di conversazioni senza consenso per difendere un diritto

La Corte di Cassazione ha stabilito, con l’ordinanza 24797 del 2024, che un dipendente può utilizzare conversazioni registrate di nascosto dai suoi colleghi, senza il loro consenso, se tale utilizzo è finalizzato alla tutela giudiziale di un proprio diritto.

Il caso in questione ha origine da una controversia lavorativa. Alcuni dipendenti, durante una causa legale riguardante le loro posizioni lavorative, hanno presentato in giudizio una registrazione audio.

Questa registrazione conteneva una conversazione tra un collega e rappresentanti della società datrice di lavoro, avvenuta durante una riunione aziendale diversi anni prima.

I dirigenti, coinvolti nelle registrazioni senza il loro consenso, si sono rivolti al Garante per la

protezione dei dati personali, richiedendo la cancellazione del file, appellandosi all’articolo 77 del Regolamento Ue 2016/679 (GDPR).

Tuttavia, l’Autorità ha respinto la richiesta, ritenendo che il trattamento dei dati fosse giustificato dalla necessità di contestare addebiti legati al rapporto di lavoro.

Successivamente, i dirigenti hanno portato la questione di fronte al Tribunale ordinario, il quale ha accolto la loro opposizione.

Il Tribunale ha dichiarato illegittimo il provvedimento del Garante e illecito il trattamento dei dati personali da parte dei lavoratori coinvolti.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ribaltato questa sentenza, riaffermando la validità della posizione del Garante. La Corte ha infatti stabilito che, in generale, l’utilizzo di dati personali senza il consenso dell’interessato è lecito quando è finalizzato alla difesa di un diritto fondamentale.