Il licenziamento per rifiuto cambiamento orario

In giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui, nel caso in cui un dipendente rifiuti la trasformazione del proprio rapporto di lavoro da part-time a full-time e viceversa, o qualsiasi altra variazione relativa alla distribuzione dell’orario di lavoro, il datore di lavoro può legittimamente recedere dal contratto soltanto nel caso in cui il licenziamento non è motivato dal rifiuto. Ma dalla necessità di adattarsi a esigenze economico-organizzative che rendono impossibile mantenere il precedente orario lavorativo. 

Questo principio è ribadito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 30093 del 30 ottobre 2023, in relazione a un caso in cui una lavoratrice era stata licenziata per giustificato motivo oggettivo dopo aver rifiutato una proposta di modifica dell’orario di lavoro part-time da parte del datore di lavoro.

Secondo la Suprema Corte, in casi del genere, è indispensabile garantire un equilibrio tra gli interessi delle parti, richiedendo prima di tutto che il rifiuto del lavoratore non sia automaticamente considerato una ragione per il licenziamento. E in secondo luogo che il datore di lavoro dimostri non solo l’esistenza di esigenze economico-organizzative. Ma anche un nesso causale tra queste esigenze e il licenziamento. Inoltre, al momento del licenziamento non devono esistere altre soluzioni occupazionali o alternative orarie che possano essere offerte al lavoratore.