Lavoro: non solo ingegneri cyber, tra i posti più difficili da coprire anche colf e anestesisti

Ci sono tanta tecnologia e informatica, ma anche lavori più “tradizionali” come la colf e il parrucchiere, nella top 20 dei profili che le imprese fanno più fatica a coprire in Italia. Una classifica estratta dai dati di Indeed, il portale degli annunci di lavoro, che ha analizzato quanti – di quelli pubblicati nel 2023 (fino a tutto novembre) – si sono rivelati “hard to fill”, ovvero sono rimasti scoperti per più di 60 giorni. E’ accaduto per oltre tre richieste su quattro di “Security Engineer”, situazione simile per i “Cybersecurity Engineer”.

Ict rappresentata anche dal “Digital Sales Account”, in quarta posizione, e dal “Firmware Engineer”, settimo classificato. Profili che, rimarca Roberto Colarossi, senior sales director per Indeed Italia, per altro “hanno un grande potere negoziale quando si tratta di stipendi e benefici”. In mezzo a loro, però, ecco anche spuntare ruoli tipici della cura e dell’assistenza alla persona. Al quinto posto colf conviventi, subito dietro gli hair stylist. Si rileva poi la difficoltà a reperire medici: anestesista (8°), radiologo (9°) e neurologo (10°) “presentano una percentuale significativa di offerte di lavoro ancora aperte dopo 60 giorni”.

Oliare la trasmissione tra domanda e offerta di lavoro è, d’altra parte, una delle sfide che l’Italia deve vincere. Non più tardi di una settimana fa, l’Ocse ci ricordava che siamo tra i Paesi con più elevata percentuale di Neet, ragazzi che non studiano né lavorano. Che abbiamo una quota di laureati tra 25-34enni migliore del solo Messico, che per ogni studente investiamo in istruzione il 30% rispetto alla media dei Paes avanzati. Per altro, la nostra spesa è inefficiente e infatti da Parigi ci invitano a sviluppare “un’istruzione tecnica post-secondaria di alta qualità, compresi i modelli di formazione duale, abbinata al rafforzamento dell’orientamento degli studenti e a un maggiore allineamento dei programmi dell’istruzione terziaria alle esigenze del mercato del lavoro”.

Ma non è tutto. I nostri ricercatori sono pagati meno che in Francia, Germania e Regno Unito e ciò li “scoraggia”. Ed è difficile ridistribuire il lavoro verso i settori e le imprese a più alto tasso di produttività, anche per la presenza di clausole di non concorrenza nei contratti che – in base a indagini significative ma ancora su piccoli campioni – riguardano una “percentuale sorprendentemente elevata di lavoratori”