Gestione della stagionalità: problematica o opportunità?
Tizia, addetta operatrice call center per la compagnia aerea Elios s.p.a, era stata assunta con contratto a tempo determinato dal 13 gennaio al 12 maggio 2014; la stessa dipendente si rivolgeva al suo legale di riferimento per verificare la legittimità o meno dell’apposizione del termine al suo contratto e verificare se, come riteneva l’azienda datrice di lavoro, potessero esserci o meno i caratteri di stagionalità alla sua attività di operatrice telefonica.
CONTESTO NORMATIVO
Nella vicenda oggetto di disamina, occorre principalmente una panoramica sull’attuale disciplina
dei contratti a tempo determinato per poi analizzare il concetto di stagionalità. Ad oggi la normativa sui contratti a termine è quella prevista dall’articolo 19, D.Lgs. 81/2015, in
vigore dallo scorso 4 luglio 2023. La norma vigente stabilisce, per quel che in questa sede ci interessa:
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) Nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
b) In assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva
individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.
1-bis. In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi.
2. Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l’eccezione delle attività stagionali
di cui all’articolo 21, comma 2, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di
interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i ventiquattro mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto
mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.
Qualora il limite dei ventiquattro mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento”.
Il Legislatore è dunque nuovamente intervenuto sulle causali mantenendo comunque la previsione dell’esclusione della disciplina per le attività stagionali e la deroga prevista in favore delle diverse previsioni dei contratti collettivi.
Il ricondursi infatti tale disciplina nel concetto di stagionalità non è di poco conto infatti poiché la stagionalità, infatti, permette di: superare il limite di durata di 24 mesi dei “rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per:
-Interruzione tra un contratto e l’altro” ;
-Rinnovare o prorogare i contratti “anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma
1”;
-Non rispettare il c.d. stop & go; non rispettare le limitazioni quantitative fissate al 20% del numero
dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione o dalla contrattazione collettiva.
IMPLICAZIONI
Nella questione oggetto di approfondimento, merita una disamina particolare il concetto di stagionalità. Il contratto di lavoro stagionale rientra, per sua natura, sotto il più ampio cappello del contratto di lavoro a tempo determinato. Tuttavia, quando si parla di lavoro stagionale si fa riferimento a un’attività lavorativa che, oltre ad avere il carattere della temporaneità, si svolge in un determinato periodo dell’anno.
Secondo l’articolo 21, comma 2, D.Lgs. 81/2015, citato, come visto, dall’articolo 19 del medesimo decreto, le attività stagionali sono quelle: “individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.
Il medesimo comma fa, inoltre, riferimento alle “ipotesi individuate dai contratti collettivi”, che, dunque, possono prevedere specificatamente dei casi di deroga delle disposizioni previste per i contratti a termine: ovviamente non basta indicare un’attività quale stagionale perché detta attività possa automaticamente godere delle deroghe previste, ma occorrerà specificarne sia le cause che gli effetti.
La nozione di stagionalità è, dunque, essenziale per evitare che in sede di ispezione, prima, e di contenzioso, poi, i contratti stagionali stipulati in deroga alla disciplina sui contratti a termine non vengano convertiti.
La stagionalità, come detto, dev’essere legata necessariamente ad attività che si ripetono annualmente e che, in determinati periodi, comportano un incremento delle stesse.
RISOLUZIONE SECONDO NORMA
Come abbiamo avuto modo di delineare nel corso dell’approfondimento, e come statuito dalla giurisprudenza di legittimità nel concetto di attività stagionale possono comprendersi soltanto situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate ed
organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione) e non anche situazioni aziendali collegate ad esigenze d’intensificazione dell’attività lavorativa determinate da maggiori richieste di mercato o da altre ragioni di natura economico produttiva. La normale attività è quella che il singolo imprenditore, nell’esercizio dei poteri suoi propri (artt.
2082, 2086, 2555 c.c.) ha stabilito come scopo oggettivo del suo operare, e pertanto egli deve strutturare l’azienda ed impiantare la relativa organizzazione (con particolare riferimento a quella del lavoro) onde assicurarne l’adeguato funzionamento. L’attività stagionale è aggiuntiva rispetto a
quella normalmente svolta ed implica un collegamento con l’attività lavorativa che vi corrisponde, anche solo dal tipo di prestazione richiesta al lavoratore, l’esigenza di una sua limitazione temporale”.
RISOLUZIONE CASO PRATICO
Nella vicenda in oggetto dunque, è nullo il termine apposto al contratto stipulato tra la lavoratrice e la compagnia aerea per superamento del termine massimo di 44 mesi stabilito dalle parti collettive in deroga al termine massimo di 36 mesi previsto dall’articolo 5, comma 4-bis, D.Lgs. 368/2001,
ratione temporis applicabile, per lo svolgimento da parte della lavoratrice di mansioni di “addetta al call center”. Nello specifico dunque, infatti, al fine di rendere legittimo il termine, non poteva invocarsi l’articolo 28, Ccnl Trasporto aereo, applicabile in tema di qualificazione come “stagionali” delle
attività per le quali l’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 368/2001, che consentiva l’assunzione a termine per le aziende del trasporto aereo, dovendosi escludere che l’attività di call center, qualificabile come di natura commerciale o diretta all’assistenza dei clienti, rientrasse nell’ambito dello “svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci”, a cui la contrattazione collettiva ricollega l’assunzione a termine “acausale” nei periodi ivi indicati. Le attività stagionali coincidono con quelle preordinate e organizzate per un espletamento temporaneo. Non rientrano nel concetto di stagionalità, invece, quelle situazioni aziendali collegate a esigenze d’intensificazione dell’attività lavorativa determinate da maggiori richieste di mercato o da altre ragioni di natura economico-produttiva. Sempre secondo la Corte di Cassazione, invece, sono stagionali le attività che vengono svolte solo
ed esclusivamente per uno specifico periodo dell’anno.
In questo senso, dice la Cassazione, la stagionalità può essere riferita, oltre che all’attività imprenditoriale nel suo complesso, anche alla specifica prestazione lavorativa svolta dal singolo
lavoratore, potendo discendere anche solo dal tipo di prestazione richiesta al lavoratore l’esigenza di
una sua limitazione temporale. La Corte infatti considera l’attività stagionale aggiuntiva rispetto a quella normalmente svolta ed implica un collegamento con l’attività lavorativa che vi corrisponde, pertanto nella vicenda in esame
è nullo il termine apposto al contratto stipulato tra la lavoratrice e la compagnia aerea per superamento del termine non ricadendo altresì tale mansione specifica nel concetto di stagionalità.