Cnel boccia il salario minimo

Il Cnel e l’esecutivo hanno respinto la proposta sul salario minimo, affermando che la priorità è di supportare la contrattazione collettiva. L’istituzione di un salario minimo tramite legge non risolverebbe le problematiche legate al lavoro povero e al dumping salariale. Le proposte del Cnel sono state incluse in un nuovo documento, approvato e consegnato alla Presidenza del Consiglio, che ha l’obiettivo preminente di potenziare e sviluppare ulteriormente la contrattazione collettiva.

Di fatto quindi si esclude l’ipotesi di introdurre un salario minimo come soluzione per garantire ai lavoratori una retribuzione equa, in base alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, che sia sufficiente a permettere di condurre una vita dignitosa per il lavoratore e la sua famiglia, in armonia con quanto previsto dall’articolo 36 della Costituzione.

La strategia elaborata dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro si fonda sul sostegno alla contrattazione collettiva, al fine di definire trattamenti retributivi adeguati e affrontare le problematiche legate ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, come ad esempio i ritardi nei rinnovi contrattuali.

Secondo il Cnel il salario minimo rappresenta solo una parte di un quadro più ampio. E quindi la sua introduzione “non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva”.

Diversi esperti hanno espresso il proprio parere sulla questione, tra cui il professor Neumark intervistato da IlSole24Ore, il quale ha evidenziato che per contrastare la povertà sarebbe più efficace introdurre misure specifiche come l’assicurazione sanitaria pubblica gratuita, la scuola pubblica gratuita e programmi di welfare per le famiglie che non possono lavorare.

È importante notare che l’istituzione di un salario minimo comporta un costo per i cittadini. Se l’aumento delle tasse è necessario per finanziare misure di welfare e sussidi, con l’implementazione di un salario minimo aumentano i costi per i datori di lavoro, che potrebbero inevitabilmente essere costretti ad aumentare i prezzi. Come si è affermato nella nota di Palazzo Chigi, la strada da seguire è proprio quella del potenziamento della contrattazione collettiva all’interno di un piano d’azione globale.