Partite Iva: diminuiscono le imposte ma restano le iniquità
La riforma dell’Irpef sembra non abbia risolto neppure per il prossimo anno la questione dell’iniquità orizzontale del sistema di tassazione sui redditi generati dalle persone fisiche. Ciò emerge dal confronto tra il carico fiscale che grava sui dipendenti e quello sostenuto dagli autonomi, ricavato attraverso la simulazione degli effetti delle misure attuate dal Governo sul calcolo dell’Irpef.
Anche nel 2024 rimarranno quindi notevoli differenze nell’importo delle imposte pagate, a parità di reddito guadagnato, tra dipendenti e autonomi. A ciò si aggiungono gli ulteriori effetti distorsivi generati dalla presenza di una pluralità di regimi sostitutivi con aliquote agevolate, tra cui il regime forfettario.
Nello specifico, il primo passo nell’attuazione della delega fiscale prevede, oltre alla conferma del regime forfettario per le partite Iva con ricavi o compensi fino a 85.000 euro, tre novità:
1. L'unificazione del primo e del secondo scaglione dell'Irpef, con l'applicazione di un' aliquota del 23%;
2. L'equiparazione tra la no tax area dei redditi da lavoro dipendente e quella dei redditi da pensione;
3. La riduzione (seppur circoscritta) delle detrazioni per i contribuenti con redditi superiori a 50.000 euro.
Si considerano misure che determineranno una riduzione delle imposte fino a 75 euro all’anno per i dipendenti con redditi fino a 15.000 euro e fino a 260 euro all’anno per tutti i contribuenti con redditi superiori a 15.000 euro. Ma che avranno effetti mini sull’equità orizzontale del sistema.
Il legislatore della delega per la riforma fiscale sembra essere ben consapevole del problema, indicando all’articolo 5 del testo di legge il graduale ottenimento dell’equità orizzontale come uno degli obiettivi da raggiungere in vista della transizione verso un sistema a aliquota unica (flat tax “universale”). Che va ritenuto l’obiettivo principale della riforma del sistema di tassazione dei redditi delle persone fisiche.
Sarà quindi indispensabile attendere per assistere al riequilibrio del sistema in termini di equità orizzontale. La questione rimane rilevante, partendo dalla considerazione che limitandosi ad analizzare solo i redditi da lavoro, le disparità sono significative, sia all’interno dell’Irpef, tra dipendenti e autonomi, sia tra i contribuenti Irpef e i forfettari.
Se i forfettari beneficiassero di un’aliquota proporzionale del 15% su tutto il reddito prodotto, l’aliquota media dei lavoratori dipendenti risulterebbe inferiore fino a 26.000 euro di reddito. Quella degli autonomi non forfettari invece supererebbe il 15% già a partire da 13.000 euro di reddito.
Con redditi bassi, i lavoratori dipendenti godono di un trattamento più vantaggioso rispetto a quello riservato ai lavoratori autonomi e ai forfettari, in ragione delle detrazioni. E all’aumentare del reddito si verificano due fenomeni: all’interno dell’Irpef si riduce il divario tra dipendenti e autonomi, fino a annullarsi a 50.000 euro. Ma cresce in maniera significativa l’agevolazione per i contribuenti forfettari. Il tetto di 85.000 euro di ricavi/compensi previsto per accedere al regime forfettario fa sì che i vantaggi cessino una volta superata tale soglia. Che per i professionisti corrisponde a un reddito di 66.300 euro, tenendo conto del coefficiente di redditività del 78%.
Se si prendesse ad esempio un reddito di 20.000 euro, un autonomo verserebbe circa il doppio delle imposte di un dipendente (3.828 euro contro 1.958). Con un reddito di 40.000 euro, il divario sarebbe minimo (10.413 contro 9.772). Allo stesso livello di reddito, un forfettario pagherebbe rispettivamente 3.000 e 6.000 euro di imposte. Invece con un reddito di 60.000 euro verserebbe meno della metà delle imposte dei dipendenti e degli autonomi in Irpef (9.000 contro 18.440).
In un regime così iniquo l’accesso al regime forfettario rimane di fatto impraticabile per i lavoratori autonomi con costi di investimento e struttura elevati. Questa tematica è strettamente legata alla questione della crescita dimensionale delle attività autonome, scoraggiata dal regime forfettario, ma presa in considerazione dal legislatore della riforma fiscale, che finalmente valorizza il tema delle aggregazioni delle attività professionali, prevedendo la neutralità fiscale di processi del genere.