Composizione delle crisi di impresa: aprire alla negoziazione dei debiti fiscali e contributivi è segno di grande attenzione del Governo 

L’introduzione della transazione fiscale nell’ambito della composizione negoziata della crisi, rappresenta una significativa innovazione legislativa che potrebbe alterare profondamente le dinamiche di gestione delle insolvenze aziendali in Italia. 

È importante pertanto che l’Istituto rafforzi l’idea di allargare lo strumento all’effettivo  salvataggio delle imprese. 

L’attuale proposta del Ministro della Giustizia, in attesa di approvazione dal prossimo Consiglio dei Ministri, mira a estendere gli strumenti disponibili per le imprese in crisi, consentendo loro di integrare debiti erariali e contributivi nel quadro negoziale previsto dalla composizione negoziata.

La composizione negoziata, prevista dall’attuale normativa del Codice della Crisi di Impresa, consente la negoziazione di debiti aziendali in un contesto extra-giudiziale, escludendo tuttavia specificamente i debiti fiscali e contributivi. Questa limitazione ha circoscritto l’utilizzo dell’istituto, spingendo le aziende verso altre forme di accordo come i concordati preventivi o i piani di ristrutturazione omologati.

L’innovazione normativa proposta prevede l’integrazione della transazione fiscale all’interno delle trattative di composizione negoziata, permettendo alle aziende di trattare congiuntamente tutti i tipi di debiti, inclusi quelli tributari. Questo cambiamento potrebbe ampliare significativamente l’efficacia della composizione negoziata, consentendo una gestione più olistica e integrata delle passività aziendali.

Dal punto di vista giuridico, l’introduzione della transazione fiscale richiede un’attenta valutazione delle implicazioni legali e procedurali. La transazione fiscale, per sua natura, implica una negoziazione per il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari, che deve essere valutata attentamente per garantire che le condizioni proposte non siano svantaggiose per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale.

Per assicurare la correttezza delle trattative e la protezione dei diritti dei creditori, la legge dovrebbe prevedere che ogni accordo di composizione negoziata che includa la transazione fiscale sia sottoposto alla valutazione di un esperto indipendente. Questo professionista avrebbe il compito di attestare che le trattative sono state condotte in buona fede e che l’accordo proposto rispetti  o migliori  le condizioni che i creditori avrebbero ottenuto in un contesto di liquidazione giudiziale.

Se implementata correttamente, questa estensione normativa potrebbe offrire alle imprese italiane un meccanismo più flessibile e inclusivo per la gestione delle crisi, facilitando la risoluzione delle difficoltà finanziarie in modo più equo ed efficace.

L’adozione di un approccio più integrato nella negoziazione dei debiti aziendali può contribuire significativamente alla stabilità e alla continuità aziendale, favorendo la ripresa economica e la salvaguardia dei livelli occupazionali.

In conclusione, l’apertura alla transazione fiscale all’interno della composizione negoziata rappresenta una potenziale evoluzione del sistema di gestione delle crisi aziendali in Italia, offrendo nuove opportunità per una risoluzione delle insolvenze più adattiva e meno distruttiva. 

Riteniamo che questo approccio riformista richieda un attento esame e una rigorosa implementazione per garantire che sia realizzato in modo equo e vantaggioso per tutte le parti coinvolte,approccio che soprattutto anelita, ed è il dato significativo, un vero intento riformista dove la presenza dello Stato diviene fonte di vera e costruttiva vicinanza ai problemi di un’azienda ma anche vero impegno alla salvaguardia delle aziende e dei livelli occupazionali, scevra da logiche che da sempre hanno visto gli istituti delle Procedure Concorsuali unicamente un mezzo per chiudere Aziende e non per la effettiva ripresa concreta ed in vita delle stesse. 

Un modo peraltro assolutamente coerente anche nell’ottica del contenimento della spesa dello Stato in ordine ai Fondi di salvaguardia, mercè, non solo il possibile recupero ancorché parziale delle pretese ed accumulate debitorie ma anche il concreto risparmio di tutte quelle onerosità che lo Stato, sicuramente Stato Sociale e di Diritto, è tenuto ad accollarsi per la fase di sostegno in favore dei lavoratori e per la loro evidente e coerente riqualificazione finalizzata al reingresso degli stessi nel mondo del lavoro. 

Nino Carmine Cafasso